Riflessioni sul linguaggio degli anni ’10

di Redazione Commenta

Il 2010 per New York, oggi più di ieri, sembra essere l’anno dell’arte contemporanea. I musei della grande mela sono un turbinio di mostre ed eventi artistici che sembrano non finire mai, basti pensare all’attuale mostra di Gabriel Orozco al MoMa, a quella di Roni Horn al Whitney Museum ed a quella di Urs Fischer al New Museum.

Ovviamente questi grandi eventi non hanno mancato di generare commenti positivi e negativi, come la performance di Tino Sehgal attualmente in mostra alla “rotunda” del Guggenheim. Ma al di là dei giudizi personali su ogni singolo artista in mostra va detto che prese d’insieme queste visioni creative, unite ad altri episodi occorsi negli ultimi giorni, mi hanno dato da riflettere sulle ultime tendenze della scena dell’arte contemporanea.
Al primo appuntamento dei Martedì Critici, evento tenutosi lo scorso 16 febbraio a Roma ed a cura di Alberto Dambruoso e della scrivente, si è generato un sano dibattito sull’opera in mostra creata da Luana Perilli. Il discorso si è poi spostato sulla creatività in genere ed il caporedattore di Exibart, Massimo Mattioli, ha sollevato un interessante quesito già apparso sulle pagine del noto portale dedicato all’arte. “Quale sarà il linguaggio degli anni dieci?” questa era la domanda ed ovviamente è difficile stabilire se nei prossimi anni si assisterà ad un ritorno della pittura o ad una riaffermazione del video o dell’installazione.

Personalmente, come detto all’evento ed in altri precedenti articoli, mi piacerebbe assistere ad un ritorno al coraggio da parte di gallerie ed istituzioni. Il coraggio di presentare proposte fresche e diverse e non solamente selezionate in base al curriculum di un artista. Magari il linguaggio degli anni dieci deve ancora arrivare, nuove tecnologie potrebbero portare sviluppi in media ancora inesplorati. Ma se prendiamo come esempio la mostra di Tino Sehgal e quelle degli altri nomi citati e rapportiamo il tutto (con le dovute cautele) a quello che vediamo in Italia è facile comprendere come potrebbe pericolosamente evolversi la creatività nel prossimo decennio.

Forse ci aspettano anni colmi di opere caratterizzate da grande austerità visiva e glaciale freddezza, oggetti, fotografie e dipinti che vanno a perdersi nel bianco di pareti sempre più vuote. Nuove amalgame e materiali seduttivi formeranno un puzzle concettuale difficile da risolvere e tutto farà parte di un’estetica fortemente uniformata al punto di creare una forma di franchising della creatività. Ovviamente questo è quello che non vogliamo vedere e ci sarà sempre chi combatterà per riportare tutto ad una forma più umana ed emozionale. Se guardiamo quello che è stato fatto negli anni ’10 dello scorso secolo potremmo esser colti da una vertigine, ma le grandi avanguardie del passato forniranno sicuramente ottime fondamenta per costruire un nuovo ordine artistico.

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