Living Layers alla Wunderkammern di Roma

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Nell’ambito del progetto Living Layers, Wunderkammern in collaborazione con il MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma – Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione – Sovraintendenza ai Beni Culturali del Comune di Roma, e Municipio Roma 6 presentano il primo ciclo di –Domicilio d’artista– che vede la presenza di due giovani artisti, Alexander Hamilton Auriema e Valentina Vetturi, con la partecipazione di Cesare Pietroiusti.

Il progetto Living Layers intende attivare letture trasversali e diversificate del patrimonio immateriale del territorio, attraverso tre cicli di Domicili d’artista, che si svolgeranno presso la sede dell’Associazione culturale Wunderkammern, nel Municipio Roma 6 nel corso del 2010 e una Piattaforma critica finale, che si svolgerà presso il MACRO, nella sede di via Reggio Emilia 54.

Il primo ciclo di Domicilio – dal 3 al 19 maggio – vede coinvolti i due giovani artisti Valentina Vetturi e Alex Auriema con la partecipazione di Cesare Pietroiusti, che hanno vissuto e lavorato nel quartiere di Tor Pignattara con l’intento di interagire con il contesto e la comunità del popolare quartiere semiperiferico. Sono emerse due visioni che in parallelo guardano al tema della distanza e che verranno presentate al pubblico in piu’ appuntamenti. A conclusione del Domicilio, il 19 maggio, gli artisti presenteranno l’esito del lavoro attraverso una mostra nella sede espositiva di Wunderkammern a via Gabrio Serbelloni 124. Il 9 giugno poi e’ previsto un incontro laboratoriale condotto da Cesare Pietroiusti.
Voglio percorrere quotidianamente la distanza che separa il quartiere di Tor Pignattara dalla stazione Termini. Per una settimana, otto ore al giorno, sono pendolare sul -trenino della Casilina-. Sperimento la condizione palindroma della pendolare, la noia apparente della ripetizione, il doppio legame con le stazioni di arrivo e partenza, la sospensione e il disorientamento causate dallo spostamento, la vicinanza forzata che si crea su questo mezzo di trasporto collettivo, portandola sino al suo limite.

If something is boring after two minutes, try it for four. If still boring, then eight. Then sixteen. Then thirty-two. Eventually one discovers that it is not boring at all. (John Cage)
Valentina Vetturi

Il mio lavoro e’ una metafora della tensione presente nella periferia di Torpignattara. Se ti fermi a ragionare sul cliche’ della -layered city- potrai capire quanto e’ complessa la parola -città-. Per comprendere una città e’ necessario distillare questa complessità. Mi sono avvicinato a questo quartiere con una serie di domande e, attraverso un processo di scambi cumulativo, ho tentato di riprodurre e rendere leggibili questi eventi singolari.

Where are the heroes, the colonisers, the victims of the Metropolis? (Brecht, Diary entry, 1921)Alex Auriema
E’ possibile nascondere le contraddizioni? Non inciampare sulle componenti di violenza, di cattiveria, di indifferenza – altrui, e soprattutto proprie? L’ordinamento sociale, l’organizzazione del lavoro, i valori morali proposti dalle istituzioni educative, i modelli antropologici insinuati attraverso la pubblicità, la televisione, internet, tutto ci dice che non soltanto cio’ e’ possibile, ma che e’ necessario, positivo, costruttivo, bello. Ormai sembra che, in maggioranza, gli esseri umani sappiano soltanto, come bambole di plastica, sorridere senza passione oppure ruminare nel silenzio di una lingua sconosciuta il proprio dolore. Secondo me c’e’ bisogno di una cultura che ricominci a cercare il significato nei paradossi e nell’incomprensibilità, proprio là dove le cose sono difficili; una cultura che riaffermi il coraggio di dire che il senso dell’esistenza non e’ nel consumo, nel successo, nella crescita, ma nelle misteriose compresenze di amore e odio, di bello e brutto, di dolcezza e violenza, che ciascuno di noi non puo’ non essere.

Il nascondimento potrà forse contribuire a realizzare un’opera coerente, ma ne renderà indisponibile le sottili componenti di comunanza, di assonanza con realtà -proprie- e non del tutto definite che ogni atto artistico attiva e fa scoprire. A me interessa non tanto l’opera che pretende di risolvere una questione, di dare una risposta (politica, morale o sociale che sia), quanto quella che incarna il problema e che assume, quale sua componente piu’ significativa, le contraddizioni, i paradossi, le difficoltà insite in esso. Per l’osservatore esterno, il cosiddetto -pubblico-, la prima potrà forse essere ritenuta -giusta-, ma soltanto la seconda potrà essere sentita come qualcosa che lo riguarda come soggetto. E la ricerca artistica puo’, anche sfidando l’indifferenza di pendolari su un treno o di immigrati in un call center, provare a ridare senso a cio’ che e’ categorizzato e rimosso come emarginazione, periferia, disagio. Fuori, pero’, dalle logiche della tolleranza e dell’-integrazione-: nella radicale, invece, considerazione dell’alterità – che e’ la dimensione piu’ vera di ciascuno di noi, probabilmente l’unica che ci e’ rimasta.
Cesare Pietroiusti

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