Apre Art Hk 10 ed intanto a Roma la fiera diventa troppo mondana

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Dal 27 al 30 Maggio torna Art Hong Kong edizione 2010, la grande fiera internazionale che con soli tre anni di attività si è messa in evidenza come la più importante manifestazione asiatica legata all’arte contemporanea. Certo non siamo ancora ai livelli delle altre fiere internazionali ormai universalmente riconosciute ma i segni di crescita sono evidenti, anno dopo anno. Va detto inoltre che se Frieze, ad esempio, riesce a catalizzare l’attenzione di 60.000 visitatori, Art HK la tallona con circa 30.000 visitatori, niente male per una manifestazione nata da poco. Quest’anno il numero di gallerie partecipanti è di 150, provenienti da circa 29 paesi differenti e durante le selezioni sono state lasciate a piedi altre 150 gallerie.

Ovviamente ogni fiera che si rispetti mira al successo di vendite ma, a dispetto delle tante presenze, le vendite non vanno di pari passo con i grandi numeri. Secondo Matthew Slotover, co-fondatore della Frieze Art Fair, l’ 80% delle persone in fiera curiosano in giro senza comprare assolutamente nulla. Dati alla mano si potrebbe quindi tranquillamente affermare che le fiere d’arte contemporanea siano divenute una sorta di appuntamento culturale più che commerciale. Questo ragionamento potrebbe essere valido anche per le manifestazioni fieristiche italiane, ovviamente con le dovute eccezioni. Prendiamo ad esempio Roma, The Road to Contemporary Art, manifestazione fieristica che tornerà anche quest’anno dal 27 al 30 maggio 2010 nella nuova sede del Macro Testaccio. Ebbene gli orari di apertura della fiera sono tutt’altro che consueti, visto che i cancelli saranno aperti dalle 16:00 alle 24:00 (tranne domenica 30 quando la fiera sarà aperta dalle 11.00 alle 20.00), orario senz’altro più mondano che commerciale e decisamente fuori sincrono con le altre manifestazioni fieristiche italiane, basti pensare a Bologna Artfirst che solitamente apre le sue porte dalle 11.00 alle 19.00.

Insomma questi orari “discotecari” sembrano destinati agli amanti dell’arte più che agli addetti al settore. Provate ad esempio ad immaginare i poveri galleristi, costretti a fare le ore piccole, senza nemmeno poter organizzare qualche cena di lavoro con collezionisti o affini. E dire che i migliori affari si fanno a tavola.

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