Adolph Gottlieb alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia

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Per la prima volta in Italia la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia celebra dal 3 settembre al 9 gennaio 2011, con un’antologica, l’artista americano Adoplh Gottlieb (1903 – 1974). La mostra si colloca nell’ambito di una linea di indagine, perseguita dal museo veneziano, incentrata su quell’emblematica generazione d’artisti d’oltreoceano del secondo dopoguerra, il cui linguaggio nasce e matura proprio negli anni in cui Peggy Guggenheim apre a New York la sua galleria Art of this Century.

Scopo di questa serie di esposizioni è di avvicinare il pubblico italiano e internazionale alla conoscenza di quel periodo, attraverso le opere dei grandi maestri americani, come è già accaduto in passato in occasione delle personali dedicate a William Baziotes e Richard Pousette-Dart. La storia di Adolph Gottlieb è perfettamente in linea con quelle degli esponenti dell’Espressionismo astratto. Amico stretto di Milton Avery e Mark Rothko fin dagli inizi degli anni ’30, nel 1935 Gottlieb fonda “The Ten”, una sorta di gruppo di pittori espressionisti, e sul finire di quegli stessi anni lavora per il Federal Art Project del New Deal. Fortemente attratto dall’avanguardia europea, con un particolare interesse verso Cubismo e astrattismo, sviluppa negli anni ’40 un schema pittorico che chiama Pictograph, costituito da una griglia in cui l’artista inserisce un proprio linguaggio simbolico fatto di forme, evocatrici di una mitologia primitiva. Nel 1950 crea gli “Irascibili”, gruppo che si forma a protesta della propria esclusione dal Metropolitan Museum of Art, immortalato dalla famosa immagine di Nina Leen. Alla fine degli anni ’50 l’opera di Gottlieb si fa più astratta, gestuale ed espressionista, e sfocia nei Bursts, i lavori per cui oggi l’artista è maggiormente conosciuto.

La mostra è articolata in un percorso che parte dagli inizi degli anni quaranta, con una sezione incentrata su una serie di studi, acqueforti e disegni che conducono al primo nucleo fondante del lavoro di Gottlieb. Nelle tre sale iniziali si trovano appunto i Pictographs, elaborati in un momento cruciale tra la fine degli anni quaranta e i primissimi anni cinquanta, in cui l’artista matura il proprio linguaggio simbolico. Attraverso importanti e significativi lavori di questa fase, in cui la ricerca segnica e pittorica di Gottlieb, già in sé unica, si avvicina a quella dei suoi compagni di percorso attivi attorno a Peggy Guggenheim – da Jackson Pollock a William Baziotes – si arriva alle opere degli anni cinquanta, in cui il gesto mescola colore e materia, sino alle realizzazioni di grande dimensione, i celeberrimi Bursts e Landscapes, simboli di una forma cosmica e universale.

Le grandi dimensioni di questi dipinti permetteranno di creare nelle sale espositive degli “ambienti totali” dove il pubblico potrà confrontarsi con la pittura di Gottlieb istaurando una relazione molto ravvicinata e intima. A completamento di questa prima retrospettiva italiana, sarà presentata al pubblico anche una selezione di piccole sculture delll’artista americano, meno note al grande pubblico: opere in cartone colorato, come studi primigeni di un suo linguaggio plastico, accostate secondo la cronologia alle tematiche pittoriche che li hanno ispirati.

Adolph Gottlieb. Una retrospettiva è organizzata in collaborazione con la Fondazione Adolph and Esther Gottlieb, New York e con il supporto di Terra Foundation for American Art, Chicago, Illinois. Include prestiti provenienti dall’American Contemporary Art Gallery di Monaco, da collezioni private, nonché da importanti istituzioni museali quali il museo Solomon R. Guggenheim, il Musée National d’Art Moderne (Centre Pompidou), e il Museum Frieder Burda.

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