Caso David Wojnarowicz, la difesa dello Smithsonian

di Redazione Commenta

Dopo un preoccupante e aggiungeremmo noi colpevole silenzio G. Wayne Clough, segretario della Smithsonian Portrait Gallery di Washington DC, uno dei primi responsabili del tremendo atto di censura perpetrato ai danni dell’opera video A Fire in My Belly di David Wojnarowicz rimosso dalla mostra Hide/Seek, ha finalmente rilasciato alcune dichiarazioni in merito all’intera vicenda. Clough ha ovviamente difeso a spada tratta la decisione di rimuovere il video ed ha anzi dichiarato che “si doveva agire in fretta poiché oggigiorno le notizie circolano in fretta.Comunque la nostra istituzione è grande e continuerà a fare il suo lavoro. Queste sono controversie che possono succedere” .

A noi queste parole suonano un poco vuote e c’è da aggiungere che alcune delle prestigiose testate statunitensi presenti alla conferenza stampa hanno chiesto la testa del segretario. Comunque sia, Clough ha continuato la sua arringa di difesa parlando dei finanziamenti all’istituzione e di come essi erano stati messi in pericolo dall’opera di Wojnarowicz. Lo Smithsonian infatti si regge grazie ai finanziamenti del governo federale e dei privati, tali fondi coprono il 70 percento del budget totale. Insomma non si può andare contro i voleri del capo ed è logico che Clough ha dovuto sottostare a decisioni che forse non avrebbe voluto prendere. “Non capisco perché accanirsi su di una sola mostra, noi di eventi ne facciamo almeno 100 all’anno. Non esiste solo l’unica mostra di cui la gente parla” ha aggiunto il segretario.

Ed anche qui ci sarebbe da obiettare, già perché anche un solo caso di censura basterebbe a rendere vano l’impegno profuso e 1000 e più buoni eventi organizzati in un anno non risarciscono il torto fatto da un atto di chiusura di questo genere.  Clough forse non riesce a comprendere che l’intero mondo dell’arte contemporanea a stelle e strisce (e non solo) pretende le sue scuse perché oltre ad aver offeso la libera creatività lo Smithsonian ha praticamente calpestato i diritti umani.

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