Un museo da tenere sul comodino

di Redazione Commenta

Sarà la svolta del XXI secolo o verrà presto dimenticato? Certo è che la trovata di Domenico Quaranta, ormai noto curatore nell’ambito della new media art, ha del sorprendente. L’operazione consiste sostanzialmente nell’istituire un museo portatile, MINI Museum of XXI Century Arts, che altro non è che una cornice digitale fotografica acquistata su eBay e dotata di pen drive per l’inserimento dei dati.

Il contenitore, concepito come spazio espositivo istituzionale, è accessibile a chiunque voglia farne domanda e si prefigge attraverso un costante aggiornamento da parte dell’artista, di documentare le varie esperienze espositive. L’artista può caricare opere entro i limiti stabiliti dal formato o anche di più grandi dimensioni, in tal caso consapevole del fatto che l’opera, divenuta di proprietà del museo, potrà essere visualizzata solo in caso di prestito ad altre istituzioni. Tale procedimento ha dei precedenti nella Boîte-en-valise duchampiana, nelle raccolte fluxus di Maciunas ma anche nei più recente Nanomuseum, realizzato dal curatore svizzero Hans Ulrich Obrist, e dai Pirate Paintings dell’artista greco Miltos Manetas. L’eccessiva democrazia del museo in questione potrebbe far scaturire dei dubbi sull’effettiva validità delle opere proposte ma, come spiega il direttore stesso, il valore di questa operazione dipende proprio dall’accostamento e dalla diversificazione delle esperienze proposte, dal loro carattere imprevedibile, dal loro inserimento nel contesto globale.

A raccogliere l’invito per ora è stato Paul B. Davis, artista britannico che lavora sfruttando l’immaginario delle console dei videogiochi. Per l’occasione, l’artista ha utilizzato le immagini demo già presenti nella cornice digitale e le ha rimontate aggiungendovi il sonoro. Una riflessione sulle immagini volgari utilizzate dalla tecnologia dei consumi che fa riferimento alla metodologia dell’appropriazione tanto cara alla generazione di artisti postmoderni.

Tale iniziativa rappresenta sicuramente una pietra miliare nell’ambito delle metodologie espositive e ancora una volta ci mostra come queste pratiche siano diventate, in gran parte dei casi, le vere e proprie protagoniste della vicenda artistica contemporanea. C’è da chiedersi se questo fenomeno non verrà banalizzato diventando mero oggetto di consumo alla stregua di un IPhone.

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