Il saluto infinito di Mariana Ferratto

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Dal 25 febbraio The Gallery Apart ospiterà la mostra “Ciao”, la nuova personale di Mariana Ferratto. Si tratta dell’ultimo progetto dell’artista, elaborato, sviluppato e realizzato a Parigi nel corso del periodo di residenza dell’artista presso la Cité Internationale des Arts, dove è stata ospite per otto mesi nell’atelier messole a disposizione da Incontri internazionali d’arte, l’Associazione fondata e diretta con grande passione da Graziella Lonardi Buontempo.

Il progetto si sviluppa in due direzioni, un lavoro video e una serie fotografica composta da foto di scena. Il video propone una scena che si ripete milioni di volte in tutte le stazioni ferroviarie del mondo: una donna scende dal treno e si dirige verso un uomo che l’attende. Camminano uno in direzione dell’altra, sorridendo ed affrettandosi sempre più per abbreviare il tempo della promessa dell’incontro, finché si abbracciano felici. Una serie di inquadrature sui dettagli delle mani, delle braccia che stringono il corpo dell’altro, dei volti carichi di emozioni ci accompagnano nel breve tragitto lungo il quale le espressioni cominciano a modificarsi, i movimenti denunciano un disagio crescente, finché gioia e felicità si tramutano in serietà e tristezza. L’uomo e la donna cominciano dunque a separarsi, riprendendo ognuno la direzione da cui erano venuti. Risalita sul treno, poco dopo la donna ne scende di nuovo e la scena ricomincia daccapo.

Mariana Ferratto ha accuratamente selezionato la stazione in cui ambientare il video, scegliendo la stazione di Austerlitz che per le sue architetture si presta particolarmente a rendere l’atmosfera senza tempo che l’artista ha inteso sottolineare con il ricorso al bianco e nero. Il video infatti non racconta una storia, ma vuole descrivere una condizione spirituale, quella di chi, sradicato dalle sue origini, conduce una vita da esule, costretto a continui ed immediati distacchi ogni volta che, fisicamente o anche solo spiritualmente, riesce per pochi istanti a riallacciare i contatti con i suoi affetti, con la sua famiglia d’origine, con la sua patria abbandonata. Forte è, come peraltro in gran parte della produzione artistica della Ferratto, l’elemento autobiografico, essendo l’artista nata in Italia da genitori esuli argentini, obbligati a fuggire in Europa dalla feroce dittatura che il generale Videla impose al suo Paese tra il 1976 e il 1981. E lei stessa, con buona parte della sua famiglia rimasta in Argentina, ha conosciuto più volte il passaggio dalla felicità alla tristezza, l’amara sensazione che deriva dalla consapevolezza della durata infinitesimale di una ricongiunzione attesa per anni.

Il lavoro fotografico nasce dalla selezione delle molte foto di scena scattate durante le riprese del video. L’attenzione in questo caso è rivolta ai dettagli della stazione, al paesaggio urbano che si intravede in lontananza, alla varia umanità che del tutto casualmente si intromette sulla scena. L’esclusione degli attori e l’introduzione, parziale o totale del colore, sottolineano il carattere complementare ma autonomo delle fotografie rispetto al video. Con le fotografie, infatti, Mariana Ferratto ha voluto evidenziare il versante oggettivo, concreto di un’esperienza che si ripete innumerevoli volte in migliaia di luoghi diversi nel mondo. E’ il qui ed ora dell’esperienza spirituale descritta nel video, ne è l’ambientazione reale e per questo viva, secolarizzata nei colori della vita, nitidi o sfocati come sono i ricordi.

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