Roman Ondak: quando l’attitudine diventa forma

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La processualità non è certo una caratteristica nuova all’interno del panorama artistico contemporaneo. Sin dagli anni sessanta certe pratiche si sono dispiegate come mezzo linguistico capace di ridefinire l’esperienza pur partendo da essa e riproducendone le “attitudini”. Autori fondamentali del novecento quali Wittgenstein avevano posto l’accento sull’importanza dell’etica nella definizione linguistica, la possibilità di fare esperienza dell’altrove pur restando ancorati al proprio epicentro e anzi affermandone che questa è l’unica condizione possibile per il dispiegamento del senso.

Nell’ambito di tali scoperte non ci sorprende che un’artista dotato come lo sloveno Roman Ondak focalizzi il suo lavoro proprio su questo aspetto, riproducendo negli spazi espositi situazioni tratte da eventi significativi, non esclusivamente ripercorrendone la succesione storica, ma situandosi piuttosto negli interspazi, analizzando reazioni, movimenti psichici, significanze. Il Museo d’arte moderna di Oxford decide di celebrale il suo lavoro in una personale intitolata Time Capsule, la prima dell’artista sul territorio inglese, che si svolgerà tra il 12 marzo e il 20 maggio.
La mostra ospiterà  due opere nuove dell’artista, entrambe legate ad avvenimenti recenti. Gli spettatori saranno completamente trasportati nella dimensione dell’evento assumendone le caratteristiche emotive. Time Capsule si riferisce direttamente agli avvenimenti di San Josè, in Cile, nel 2010 in cui, come si ricorda, 33 minatori sono rimasti intrappolati per 69 giorni. I minatori sono infine riusciti a fuggire attraverso un pozzo e con l’utilizzo di una capsula chiamata Fenix 2. Ondak ha riprodotto esattamente la capsula che, ancorata al soffitto della galleria buia, permette appunto di rivivere fedelmente l’esperienza di San Josè. Un’ esperienza a cui l’artista da una particolare connotazione atemporale, fuori contesto, pur essendone mossa dalle stesse caratteristiche. Possibilità di eccepire attraverso l’epifenomeno sensibile.

La seconda opera, Stampede, evoca una situazione di sovraffollamento. L’artista dispone che una moltitudine di persone attraversi la mostra prima dell’inaugurazione mettendo in evidenza le tracce di questo passaggio e registrano le relative sensazioni di straneamento che lo spettatore manifesta trovandosi in prossimità di un evento passato le cui caratteristiche appaiono piuttosto rilevanti e anche piuttosto drammatiche.

La mostra sarà accompagnata da una monografia sull’artista realizzata con la collaborazione del Kunsthaus di Zurigo e del Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen il K21 di Düsseldorf.

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