Toulouse-Lautrec e la Parigi della Belle Époque

di Redazione Commenta

Una mostra su Henri de Toulouse-Lautrec in Italia mancava da parecchi anni. Il vuoto viene colmato dalla Fondazione Magnani Rocca che, dal 10 settembre all’11 dicembre 2011 nella sua sede di Mamiano di Traversetolo, presso Parma, propone una originale riflessione sul celebre artista francese.

È noto come una parte della produzione dell’aristocratico Toulouse-Lautrec (Albi 1864 – Malromé 1901), si sviluppi sulla scia del “japonisme”, ovvero l’ispirazione all’arte giapponese; egli traspone tecniche e inquadrature di quel mondo affascinante e misterioso al contesto occidentale dei locali notturni e delle maisons closes, ovvero le case chiuse che frequenta non solo come artista. È nell’ambito delle sue celeberrime affiches, presenti in mostra nell’intero corpus, che la rielaborazione dei temi e del linearismo grafico giapponese si esprime più evidentemente: dai profili degli uomini in cilindro, alle ombre nere alle spalle del soggetto, alla silhouette “senza testa” della cantante Yvette Guilbert nel notissimo Divan Japonais.
I suoi manifesti sono capolavori d’arte e documenti di un’epoca: conquistarono il pubblico d’allora che li amò e li collezionò, in un periodo in cui altri grandi maestri si cimentavano in questo genere in forte ascesa. Ma sono tutti i suoi personaggi, colti nei caffè-concerto di Montmartre, nelle sale da ballo, nei postriboli, nel celebre Moulin Rouge, nei circhi, nei teatri, raccontati con caustica e rutilante malinconia, che rivivono nella mostra “Toulouse-Lautrec e la Parigi della Belle Époque”. Da notare come nei musei italiani siano rarissime le opere di Lautrec; si tratta quindi di un’occasione imperdibile per vedere suoi lavori senza dover raggiungere grandi musei internazionali.

L’artista mostra un occhio spietato e caricaturale per le caratteristiche e la gestualità dei soggetti che rappresenta (che includono le vedettes sue amiche, le cantanti e ballerine May Milton, Jane Avril e La Goulue – come Andy Warhol farà coi personaggi della sua Factory newyorkese) unito all’uso innovativo di ampie stesure di colori piatti, marcate silhouettes e punti di vista inconsueti, in un’elaborazione di inesauste folgorazioni emotive.

Accanto al corpus delle affiches, la mostra propone una serie di confronti di particolare suggestione: sono accostati i dipinti di figura di Lautrec a quelli di paesaggio degli impressionisti Monet e Renoir, oltre a Cézanne; viene evidenziato il debito nella grafica all’arte giapponese offrendo un confronto speculare fra i manifesti del francese e stampe giapponesi fra Settecento e Ottocento di Utamaro, Hiroshige e Hokusai; viene ricreato il clima di frizzante competizione che Lautrec ingaggia coi vari Chéret, Mucha, Steinlen, Bonnard nell’accaparrarsi le commesse pubblicitarie nella Parigi della Belle Époque; infine viene mostrata l’influenza che Picasso riceve da lui in occasione dei primi soggiorni parigini.

 

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