East of Eden: il potere evocativo del reale

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Dal 14 settembre al 15 gennaio è possibile visitare, presso gli spazi del Ludwig Museum di Budapest, la mostra East of Eden / Photorealism: Versions of Reality a cura di Nikolett Erőss.

Il fotorealismo, fenomeno che ha preso piede per lo più negli anni sessanta, è visto qui con un’attenzione particolare a quelle che sono le dinamiche socio-politiche che hanno attraversato gli anni della guerra fredda.

Le diverse mostre che hanno più volte affrontato questo aspetto si sono focalizzate sul versante degli artisti occidentali; invece scopo di questa mostra itinerante, che ha attraversato prima Vienna poi Aquisgrana, è di mettere in luce analogie e differenze attraverso l’analisi degli artisti che hanno operato al di là della cortina di ferro, lungo la sfera d’influenza sovietica.

L’uniformità stilistica imposta dal regime sovietico, volta ad un ritorno alla rappresentazione realista, si rivela, ad una lettura simbolica, un mezzo efficace di critica sociale.

Dietro le righe di ciò che si dice traspare la nostalgia nei confronti di una forma di libertà, anche consumistica che proprio altrove prorompe in tutti gli ambiti socio-culturali.

Un gioco di rimandi intrinsechi comunicano l’intrascendibilità del desiderio di espressione, la necessità di dimostrare che l’arte non può, in nessuana condizione, smettere di operare per offrire un nuove modalità. Le immagini in questione pur sembrando apparentemente prive di rimandi conservano nella propria struttura la tensione di un mondo di sottointesi, di silenzi e di paura che non può obliare la natura stessa dell’esperienza umana.

Numerosi gli artisti coinvolti: Robert Bechtle, William Beckman, France Berko Berčič, Bernáth(y) Sándor, Milan Bočkay, Corneliu Brudascu, John Clem Clarke, Chuck Close, Robert Cottingham, Csernus Tibor, Milutin Dragojlović, Don Eddy, Richard Estes, Halina Eysymont, Jadranka Fatur, Fehér László, Julián Filo, Gérard Gasiorowski, Franz Gertsch, Ralph Goings, Ion Grigorescu, Tadeusz Grzegorczyk, Jean Olivier Hucleux, Kelemen Károly, Konrad Klapheck, Kocsis Imre, Łukasz Korolkiewicz, Ewa Kuryluk, Lakner László, Matei Lăzărescu, Richard McLean, Méhes László, Méhes Lóránt, Franc Mesarič, Jacques Monory, Malcolm Morley, Lowell Nesbitt, Nyári István, Theodor Pištěk, Sigmar Polke, Stephen Posen, Gerhard Richter, Veronika Rónaiová, James Rosenquist, Mimmo Rotella, Andrzej Sadowski, John Salt, Ben Schonzeit, Paul Staiger, Andrzej Strumiłło, Andrzej Szumigaj, Andrzej Tryzno, Gerd Winner.

La mostra si configura non come una catalogazione di esperienze affini ma piuttosto come un’indagine transtorica alla ricerca di tracce di un passato che sembra essere determinante per la comprensione del presente.

 

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