India al top del mercato? Gli stessi indiani dicono di no

di Redazione Commenta

Negli ultimi tempi si è rafforzata una convinzione condivisa da molti attori del nostro sistema sistema, sarebbe a dire quella dell’imminente ingresso all’interno del mercato dell’India. Questo poiché, in prima istanza, la “Cina dalle uova d’oro” ha esaurito i suoi magici poteri ammaliatori, assestandosi su livelli di mercato nettamente inferiori rispetto agli anni del boom. La seconda prova della rivoluzione indiana sono i tanti talenti emergenti che non vedono l’ora di irrompere nella scena. La terza prova è il recente interessamento di alcune piattaforme italiane all’arte made in India.

Sebbene l’India sia in netto miglioramento rispetto al passato, essa non dispone ancora di mezzi adatti ad intraprendere la dura battaglia del mercato internazionale. Per offrire una prova tangibile di ciò, basti dare un’occhiata a ciò che ha scritto Sunil Sethi su India Today il 15 luglio scorso all’interno dell’articolo La crisi d’identità delle gallerie: “Se le gallerie d’arte rappresentano per certi versi un riflesso diretto della situazione dell’arte nel paese, allora la situazione è davvero molto povera. Dipende, ovviamente, su ciò che è compreso da una galleria d’arte, ma in generale, la comunità artistica ha un po’ oscuro, visione idealistica del soggetto. Una galleria d’arte, a quanto si dice, è un luogo dedicato esclusivamente alla promozione dell’arte contemporanea che si occupa esclusivamente di compiere affari nel settore dell’arte, chiudendo le porte a tutto il resto. Ci sono alcune gallerie del genere nel paese, sei per la precisione. Due a Bombay, quattro a Delhi ed alcuni ottimisti ritengono che due sono in procinto di aprire a Madras. Almeno quattro di queste gallerie hanno interessi commerciali di diversa natura, sarebbe a dire che mostrano e vendono opere molto lontane dall’arte contemporanea, principalmente oggetti d’antiquariato, arazzi e tappezzerie. Insomma, dietro una facciata di galleria alla moda, portano avanti le più disparate operazioni, dagli orologi ai pret-a -porter. Ora questa è una triste situazione, abbiamo bisogno di più gallerie, abbiamo bisogno di coscienza pubblica, abbiamo bisogno di acquirenti, perché il governo non sovvenziona un business che sta morendo?”.

 

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