Il MAN ed i pranzi “luColluani” dei musei italiani

di Redazione Commenta

Leggevo proprio ieri un articolo scritto da Massimo Mattioli per Artribune riguardo la minaccia di chiusura del Museo MAN di Nuoro. Nello specifico il magazine ha pubblicato dei documenti ufficiali della provincia dove è possibile leggere lo stipendio del direttore del museo Cristiana Collu, che ad esser precisi ammonta a circa 171 mila euro. Questo compenso fa sorridere amaramente, soprattutto in relazione all’offerta della struttura ed alle sue possibilità legate ad una provincia non certo gigantesca e fertile riguardo l’arte contemporanea.

Il fondo di funzionamento disposto dalla provincia per il MAN di Nuoro per l’anno 2010 è stato pari a 579.915 euro, cui vanno poi decurtati gli emolumenti per il direttore. Ne consegue che tolte le altre spese, poco resta per l’amministrazione museale. Con la cultura non si mangia, ma sembra che qualcuno riesca lo stesso ad organizzarci dei pranzi luculliani. Del resto non si può certo organizzare una forca mediatica per Cristiana Collu, il suo stipendio non è dissimile da quello degli altri grandi dirigenti del mondo della cultura. Il problema riguarda quindi l’intero sistema museale italiano, dove fin troppo spesso a fronte dei soldi spesi dai contribuenti non si contrappone un programma espositivo degno di questo nome. Ed allora che fare? Semplice, smettere di considerare i musei un prolungamento delle stanze della politica e nominare navigati professionisti del settore dotati di adeguate conoscenze nel mondo dell’arte internazionale. Gli stessi dovrebbero essere pagati in maniera adeguata ma non esagerata ed il loro stipendio dovrebbe funzionare per obiettivi, in modo da ridimensionarsi se i risultati non vengono raggiunti. Ovviamente non si parla di trasformare il museo in una discoteca per attirare più visitatori ma di generare quell’attenzione che da troppo tempo è latitante.

Il problema è che una volta presa la poltrona, molti direttori pensano a come meglio proseguire i loro rapporti in essere con le gallerie private e con i collezionisti, ed allora ecco che si cerca di piazzare l’artista prediletto all’interno del museo per fargli guadagnare quotazioni su quotazioni. Questo può anche andar bene, se l’artista in questione è valido ed appetibile per il fruitore ma se si tratta di una proposta-improponibile si rischia di trasformare il museo in galleria privata e di allontanare il pubblico per sempre. In seguito bisognerebbe puntare non solo sul direttore ma su un comitato scientifico capace di produrre elementi didattici, bisognerebbe avvicinare i bambini al museo e tenere sempre vivo il programma espositivo con eventi collaterali degni di questo nome. Non servono altri soldi per far tutto questo, bastano quelli che già vengono erogati ed in seguito buttati. Tutto questo però sembra così difficile da attuare che ormai rappresenta una vaga chimera.

Micol Di Veroli

 

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