Venti di guerra in arte

di Redazione Commenta

Il vento della protesta soffia in tutto il mondo. Del resto la Berlin Biennale 2012, che ha visto la partecipazione del guerrafondaio gruppo artistico russo Voina in veste di curatore, ha scelto di orientarsi su un tema legato alla politica vale a dire le rivolte che hanno scosso il mondo negli ultimi tempi.

Difficile offrire un’immagine reale della post-democrazia, gli artisti in mostra ci hanno provato ma non sempre ci sono riusciti. Da una rivoluzione teorizzata si passa a quella pratica, visto che nei giorni scorsi i movimentatori di Sotheby’s, oramai senza contratto da diversi mesi, hanno rinverdito la loro protesta con tanto di sit in davanti alla sede newyorchese della grande casa d’aste. Nel 2010 il CEO di Sotheby’s mr William Ruprecht si è alzato lo stipendio portandolo a 6 milioni di dollari annuali. Gli stipendi annuali di tutti i movimentatori sommati assieme non arrivano neanche lontanamente a quella cifra, ed il loro lavoro è essenziale per una casa d’aste.  Durante la giornata del 1 maggio, gli attivisti di Occupy Wall Street hanno occupato lo Zuccotti Park di New York. Alla rivolta hanno partecipato anche  artisti che hanno protestato contro le ingiustizie del sistema.

Quello che succede in Italia succede anche all’estero, ed allora ecco il proliferare di artisti non pagati per la loro arte mentre il sistema, invece di supportarli, spalleggia l’1 % di artisti potentissimi che fanno il bello ed il cattivo tempo. Anche dalle nostre parti si è alzato il vento della protesta, basti pensare al teatro Valle di Roma (occupato) ed al grande lavoro svolto da Occupiamoci di Contemporaneo che ultimamente ha realizzato una levata di scudi in occasione del paventato commissariamento del MAXXI di Roma. Movimenti di questo genere sono sorti spontaneamente in tutta la nostra penisola. Si tratta del segno evidente di un cambiamento fortemente voluto ma che ancora stenta a manifestarsi. Staremo a vedere cosa ci riserverà il prossimo futuro.

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