Due mostre alla Triennale di Milano

di Redazione Commenta

La mostra “Ugo Mulas: Esposizioni” offre un percorso inedito nell’opera del fotografo milanese.  L’attenzione di Mulas per le consuetudini legate alla fruizione dell’arte permette di attraversare i musei, le gallerie, le collezioni private d’Europa e d’America, di osservare il rapporto dei visitatori con le opere negli spazi pubblici e gli interni delle abitazioni dove gli oggetti d’arte sono legati ancora ad un rito intimo, condiviso dal collezionista con i suoi ospiti.

Le inaugurazioni delle Biennali, il pubblico dei grandi musei francesi, russi e tedeschi (1959-60), l’invasione delle opere nelle strade e nelle piazze di Spoleto per la mostra Sculture nella città (1962) sono esempi di una visione critica che porta Mulas a leggere le trasformazioni delle esposizioni negli anni Sessanta. Dal 1964 iniziano i viaggi negli Stati Uniti, dove Mulas coglie l’atmosfera delle gallerie e delle case dei collezionisti americani, accompagna Marcel Duchamp a rivedere le sue opere nelle sale del MoMA e racconta l’inaugurazione della personale di Alexander Calder al Guggenheim (1964). La Biennale del ‘68 segna la fine di una stagione, la crisi delle istituzioni museali, la critica al collezionismo e alla privatizzazione dell’arte. Con le mostre Campo Urbano (1969), Amore Mio (1970) e la rassegna per il decimo anniversario del Nouveau Réalisme a Milano (1970) Mulas segue il tentativo delle neo avanguardie di coinvolgere gli spettatori in eventi estetici, condivisi ed effimeri. Nel 1970 a Roma Vitalità del negativo sarà il grande evento riassuntivo del decennio, in questo periodo Mulas prende le distanze dalla stagione degli anni Sessanta per concepire una nuova visione fotografica.

—-

Enrico Rondoni: Luci Cinesi 1981-2011

Il grande balzo in avanti compiuto dalla Repubblica Popolare Cinese in trent’anni attraverso oltre 100 fotografie. In “LUCI CINESI 1981-2011” Enrico Rondoni mette a confronto la Cina dei primi anni ’80 con quella odierna.  Gli scatti del 1981 (cinque anni dopo la morte di Mao), e del 1983, raccontano di un mondo ancora contadino nonostante le modernizzazioni volute da Deng XiaoPing, di una popolazione vestita tutta uguale, di città senza auto private e di un sistema industriale indietro di mezzo secolo rispetto a quello occidentale. Un lungo reportage nel “paese delle biciclette” da Pechino a Shanghai, da Xi’an a Chengdu, da Nanchino ad Hangzhou. Un paese pieno di fascino e tradizioni, ma ancora molto lontano dalla moderna Cina che ora conosciamo.

Una realtà completamente diversa da quella che l’autore trova tornando in Cina nel 2010 per l’Expò di Shanghai, qui anche lo skyline è completamente cambiato: grattacieli dove prima navigavano le giunche a vela. E se a Pechino negli anni ’80 la colonna sonora era lo scampanellio delle biciclette ora il traffico e lo smog sono uno dei tanti problemi da risolvere. Sono passati solo trent’anni dai primi reportage, ma sembra trascorso un secolo. Nasce così l’idea di questa mostra. Con la stessa macchina fotografica di allora (in pellicola) l’autore registra e riflette su questa eccezionale trasformazione non solo nelle grandi città, ma anche nei luoghi come Yiwu dove si producono e si vendono all’ingrosso –in una fiera permanente con 55.000 stand – tutti gli oggetti “made in China” che hanno invaso il mondo. Un lungo viaggio fotografico nel tempo e nello spazio (accompagnato da pannelli che illustrano i dati di questa trasformazione ) che si conclude nel 2011 in Tibet.

Ufficio Stampa e Comunicazione
Antonella La Seta, Responsabile – Alice Angossini, Marco Martello T. +39 02 72434.240/247/205 [email protected]

Press Preview Mercoledì 13 Giugno ore 12.00

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato.

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>