Il Teatro anatomico di Silvia Giambrone

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IMG 1701 from Emanuele Napolitano on Vimeo.

Giovedì 12 luglio si è svolta al MACRO Testaccio di Roma la performance Teatro Anatomico di Silvia Giambrone, ospitata all’interno della mostra Re-Generation.  Noi di Globartmag eravamo presenti quindi vi forniamo di seguito un piccolo resoconto di ciò che è accaduto:

Fa caldo, molto caldo. Negli spazi sovrastanti la Pelanda un nutrito gruppo di persone attende con ansia di scoprire cosa succederà, nel mentre l’occhio cade su di un comodino ed una sedia che occupano inerti e sornioni la sala circolare, mobilio vecchio stile, rassicurante come le case d’altri tempi.  L’artista entra, sedendosi placidamente sulla sedia. Giusto il tempo di sistemare un colletto di pizzo sulla carne nuda al di sotto del collo, ed ecco entrare un uomo che la affianca. L’uomo ha una borsa, da cui lentamente tira fuori ago chirurgico e filo. Con estrema naturalezza e maestria il chirurgo inizia la sutura, lo scorrere del filo che assicura saldamente il pizzo al collo di Silvia Giambrone sembra voler simboleggiare il lento, doloroso congiungersi dell’elemento antico e femmineo alla carne viva, al presente.  Gli sguardi attoniti e sbigottiti degli astanti fissano una scultura vivente che soffre per raggiungere il suo personale appagamento, la sua effimera fetta di bellezza. Il filo danza all’interno della carne, la sua penetrazione equivale a possessione. La performance unisce pubblico e performer all’interno di un momento catartico dal potere primordiale che lo rende simile ad una cerimonia di purificazione a cui l’intera società può partecipare.

Con Teatro Anatomico Silvia Giambrone trasforma il corpo nel soggetto principale che diviene oggetto di relazione con il pubblico, instaurando una dialettica fatta di sofferenza, desideri ed identificazioni. L’artista riesce così a sovvertire le matrici maschiliste ed individualiste, proiettando la sua volontà all’interno di una dimensione ascetica dalla duplice finalità: ricevere la storia con la sua grazia e la sua violenza ed al contempo riprogrammare la valenza di alcuni meccanismi sociali. Nel coraggioso gesto creativo di Silvia rivivono performance storiche di maestri quali Bob Flanagan, Chris Burden e Yoko Ono ma il campo di confronto questa volta non è solamente il corpo ed il superamento dei suoi limiti bensì il rapporto tra l’individuo e la sua forma sociale.

Micol di Veroli

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