A.I. Fair chiude in maniera inedita la settimana di Altaroma

di Redazione Commenta

L’artigianato adesso è di moda! E’ l’espressione contemporanea del made in Italy: veicolo di una nuova idea di lusso sospesa tra storia e inimitabile unicità. Altaroma in collaborazione con Palazzo dei Congressi e CNA presenta un evento completamente dedicato agli artigiani, virtuosi della tradizione e protagonisti dell’attualità: A.I. Fair.

Nata come evoluzione naturale del progetto A.I (Artisanal Intelligence) – già articolato attraverso un blog, un magazine e una serie di eventi dedicati al connubio tra fashion design, artigianato e arte contemporanea – A.I. Fair è un’occasione per conoscere personalmente più di 80 creativi nell’atmosfera informale e spigliata di un “mercato” che in futuro si trasformerà in una vera e propria fiera. Legno, metalli, gioielli, ceramiche… alto artigianato e design autoprodotto, per chiudere in maniera inedita la settimana di Altaroma.

Tre progetti speciali scandiranno il percorso tra gli espositori: dai morbidi camouflage sferruzzati da Alessandra Roveda, alle operazioni di recupero e salvataggio del made in italy fatte da Segno Italiano, agli abiti essenziali (e anche un po’ concettuali) di Fabio Quaranta, vincitore maschile del concorso Who’s on Next.

L’evento sarà articolato in tre diversi momenti e zone del Palazzo dei Congressi: inizio alle 18.00 nel Salone della Cultura con l’esposizione degli artigiani; alle ore 20.30, nell’ambulacro sinistro ci sarà la performance Anything else ideata dall’artista Marco Dalbosco in occasione di A.I. Fair; infine, dalle ore 22.00 il party di chiusura con il concerto live degli svedesi Whomadewho.

Anything Else
performance di Marco Dalbosco
a cura di Alessio de’Navasques

La performance nasce dalla riflessione su i canoni estetici che la moda impone e cerca di smarscherarne stereotipi e falsi miti. Nella moda il vestito diventa un falso sé, proiezione di un’immagine perfetta dove l’errore e la debolezza umana non trovano più spazio, nemmeno nel proprio corpo. La modella, archetipo di un’irraggiungibile icona, si riappropria della sua verità, in contrapposizione stridente con l’abito imposto dalla moda, simbolo di una richiesta sociale collettiva a cui è impossibile sottrarsi.
La mano e il suo fare diventano l’unica possibile via d’uscita. Una voce narra le qualità tecniche della cucitrice, oggetto di un lavoro paziente, minuzioso, dove il tempo riscopre le pause del vivere. Punto dopo punto il corpo “entra” nel ritmo del fare, il vestito prende la sua forma. Amare il corpo, dunque. E vestirlo, anche con i suoi difetti e imperfezioni.

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