Alberto Grifi e La Verifica Incerta dell’arte contemporanea

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La scena dell’arte contemporanea internazionale è piena di protagonisti, volti noti che appaiono su copertine di magazine patinati o presenziano alle grandi manifestazioni ed alle feste private. Ad opporsi idealmente e culturalmente a questi divi dell’arte, non sempre dotati di grande visionarietà o creatività, vi è un agguerrito manipolo di personaggi i quali non hanno mai amato le luci della ribalta ma hanno influenzato intere generazioni di giovani con le loro opere seminali. Parliamo di artisti che hanno lavorato quasi nell’ombra e che non sono mai stati rappresentati da Gagosian, Saatchi e compagnia cantante, fuggendo persino dal mercato e dalle top delle classifiche di vendita.

Uno di questi nomi è senz’altro Alberto Grifi (Roma, 29 maggio 1938 – Roma, 22 aprile 2007), presenza fondamentale all’interno del panorama del cinema sperimentale italiano e creatore, insieme a Gianfranco Baruchello de La Verifica Incerta (1964). Certo è difficile far comprendere ad un mondo dell’arte elitario e snob, l’importanza sia estetica che filosofica de La Verifica di Grifi, opera dal sapore new dada che suscitò l’entusiasmo di Man Ray, John Cage e Max Ernst, fu Cage stesso infatti che entusiasta della colonna sonora, lo presentò al New York Museum of Modern Art. Il metodo di montaggio de La Verifica,questo “detournement”, fu ereditato da Blob (programma di Enrico Ghezzi in onda su Raitre) molti anni dopo.

La Verifica in sostanza è (come ben descritto da Undo) un film derivato direttamente da una grande quantità (150.000 metri circa) di materiali di consumo (per lo più cinemascope commerciale americano degli anni ’50-’60) acquistati come rifiuti destinati al macero. Il film originale era costituito dagli spezzoni delle pellicole incollati con lo scotch tape secondo schemi di montaggio senza precedenti (la sceneggiatura era il punto di arrivo, non quello di partenza del film) e risultati da una cernita iniziale fatta mediante l’uso della tabella dei numeri casuali (random numbers). Dopo la prima proiezione fatta a Parigi per mostrare il film a Marcel Duchamp che ne era il “protagonista morale”, ne fu fatto un controtipo in 16mm (la colonna fu trascritta in ottico) dal quale derivano le copie ancora in circolazione. Il film è dedicato a Marcel Duchamp che vi figura come presentatore dell’operazione.

Appare chiaro che la lucida scomposizione operata da Grifi, che in sostanza frammentava ed irrideva tutto il cinema Hollywoodiano, ha creato una nuova teoria del montaggio, diversa da quella del cineasta russo Sergej Michajlovič Ejzenštejn ma egualmente efficace e decisamente ancor più creativa poiché scevra da orpelli narrativi. Grifi infatti giunge ad una non-narrazione che diviene narrazione dell’assurdo, dell’impossibile nel possibile. Un metalinguaggio ineguagliato in cui già è possibile riscontrare i prodromi della video arte ma ovviamente i critici alla moda non lo ammetteranno mai.

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