Presenziando a varie mostre in giro per l’Italia ci si trova ogni tanto a parlare con altri critici, curatori ed addetti del settore, scambiando pareri sull’arte e sulla creatività in genere. Il fatto curioso è che a volte i discorsi si ripetono in maniera quasi retorica, seguendo schemi mentali che sembrano stabiliti a tavolino. Se durante l’ultima Biennale di Venezia il trend era: “Il Padiglione Italia è brutto”, ora che la stagione espositiva è entrata nel nuovo anno, le frasi ricorrenti sono le seguenti: “I concorsi artistici sono manipolati”, “La pittura è morta”, “Il settore sta attraversando una crisi e le gallerie private andrebbero supportate”, “All’estero le cose funzionano meglio”, “Quell’artista si è comprato la mostra” o anche “Ormai siamo ad un continuo ritorno del pop e del concettuale”.

Tutto giusto e tutto sbagliato verrebbe da dire ma la frase che ci ha più colpito è la seguente: “Gli anni ottanta hanno segnato la fine dell’arte, il vero periodo d’oro c’è stato con gli anni’70”.  Quest’affermazione è vera per metà, vale a dire che gli anni ’70, come i ’60 del resto, hanno cambiato totalmente il modo di fare e di fruire l’arte ma è pur vero che gli artisti degli anni ’80 hanno approfondito ed allargato le tematiche lanciate dai loro predecessori. La creatività degli eighties è stata un lampo fulmineo, iridescente come i colori che caratterizzavano quegli anni e che dominavano la moda, le pellicole, la televisione e la musica. Forse sarebbe utile citare alcuni nomi della Picture Generation che gironzolavano in giro per il mondo in quel periodo: Julian Schnabel e la sua presenza alla Biennale di Venezia del 1980, David Salle che riuscì persino a reinventarsi regista,  Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Nicola De Maria ed  Enzo Cucchi che raggiunsero in quegli anni, grazie alla Transavnguardia di Achille Bonito Oliva il successo internazionale. Cindy Sherman nel frattempo imperversava con le sue serie fotografiche Complete Untitled Film Stills e Centerfolds. Keith Haring e Jean-Michel Basquiat nel mentre riprogrammavano il graffiti, la pittura e la pop art. Thomas Struth aveva creato la sua serie fotografica Family Portrait e Robert Mapplethorpe suscitava grande scalpore con la sua mostra di fotografie alla Corcoran Gallery di Washington.

Proprio in quegli anni Laurie Anderson, i Talking Heads di David Byrne i Throbbing Gristle di Genesis P Orridge, i Pere Ubu di David Thomas e i Dna avvicinavano la musica all’arte contemporanea. Inutile aggiungere altro anche se la lista è ancora lunghissima. Chiudiamo dichiarando che i giovani artisti devono molto agli anni ’80, anni di cambiamenti e di stasi, di cadute e risalite, di revisionismo e di futuro ma soprattutto anni di arte contemporanea.

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