Fiere d’arte contemporanea: più utile sapere le cifre delle vendite che il numero di visitatori

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Le fiere vanno bene, le fiere vanno male. Solitamente quando si parla di una fiera-mercato dell’arte contemporanea si è portati a giudicare la sua validità dai vips che presiedono all’opening e dal volume di visitatori che essa riesce ad attirare nei giorni successivi. Almeno questo è quello che succede in Italia. I magazine ed i quotidiani italiani sono infatti portati a giudicare l’andamento di una fiera basandosi sul volume di presenze che essa riesce a generare. Ovviamente più gente c’è, più possibili collezionisti girano per gli stand ma c’è da dire che le cose non stanno esattamente così.

Da Art Basel Miami Beach ci giungono voci di grosse vendite e vengono rese note anche le cifre. La Cheim & Read di New York ad esempio ha venduto una scultura di Jack Pierson per 175.000 dollari, un dipinto astratto di Louise Fishman per 100.000 dollari ed un bronzo di Donald Baechlor per 150.000 dollari. La White Cube di Londra ha venduto alcune opere di Raqib Shaw, Andreas Gursky, Gary Hume e Damien Hirst. Il tutto per sterline sonanti, visto che il solo Hirst ha totalizzato la ragguardevole cifra di 2 milioni di sterline. La galleria di New York Richard Gray ha invece piazzato un paesaggio di David Hockney per 1.8 milioni di dollari. Marianne Boesky ha totalizzato una vendita un poco più piccola, attestandosi attorno ai 150.000 dollari per un nuovo dipinto di Barnaby Furnas. La Christophe van de Weghe ha invece venduto un dittico di Frank Stella per 1.6 milioni di dollari.

Per quanto riguarda le gallerie della sezione giovani denominata Art Position (dove le gallerie possono esporre una sola opera per stand) la Zieher Smith ha venduto un grande dipinto di Eddie Martinez al celebre collezionista Charles Saatchi per 100.000 dollari mentre la Untitled Gallery ha venduto un trittico di Phil Wager per 28.000 dollari. Queste sono cifre su cui si può stilare una corretta analisi sull’andamento di una fiera. Le presenze del pubblico possono andar bene per le classifiche dei cinema ma quando si parla di mercato dell’arte contemporanea i dealers (e gli addetti ai lavori) preferirebbero poter mettere mano al volume delle vendite, in modo da poter stilare una personale classifica delle fiere. Ovviamente tutto questo in Italia è letteralmente impensabile, ad una nostra ipotetica domanda “come sono andate le vendite quest’anno?”, i vertici di una fiera italiana risponderebbero con un: “non possiamo lamentarci“.

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