Verso la fine del mondo e molto oltre

di Redazione Commenta

Lungimirante, stupefacente, mastodontica scommessa quella fatta da Patricia Armocia che regala a Milano una mostra che lascia il segno e che mostra cosa significa credere davvero negli artisti e nell’arte. Perché produrre cultura si può e non è solo un discorso di investimenti, è questione di qualità delle idee e visionarietà di chi le rende possibili. The folding of a know world è innanzitutto una mostra di tre giovani artisti: Swoon, Monica Canilao e Dennis McNett, non la definirei una mostra collettiva, piuttosto un progetto comune. The folding of a know world è più simile all’esperienza di tre amici che vanno in campeggio e siccome sono artisti si divertono a costruire cose con materiali di recupero ed è tale la loro capacità di fondersi esaltando al contempo le proprie peculiarità che si crea una forza generatrice di meraviglie grazie alla loro unione.

Piegando a loro volere materiali vissuti e abbandonati nel tempo sono stati capaci di costruire in una manciata di giorni un mondo fantastico racchiuso tra le mura della galleria. La storia che raccontano non è rassicurante, ma visto il panorama che ci circonda nel mondo reale non ci resta che seguirli nel percorso. Il punto di partenza è l’oggi, momento in cui la sesta estinzione di massa è alle porte e noi esseri umani ne siamo la causa diretta. Da qui bisogna ricominciare: il mondo che conosciamo crollerà su se stesso, sarà la dea Kalì, nella quale convivono forza distruttrice e creatrice in quanto madre dell’universo, a scatenare il cambiamento. Poi, come in tutte le storie della creazione, dopo la nascità verrà il momento della preservazione e nuovamente quello della distruzione, in un ciclo continuo di vita e morte, come ci ricordano i corvi che uniscono il mondo terreno a quello spirituale. Ci sarà Thalassa, dea del mare e forza generatrice, e Fenris, gigantesco lupo della mitologia norrena che attende la fine del mondo per avere vendetta degli dei che lo imprigionarono.

Un lavoro di sudore, umiltà e ascolto nel quale lasciarsi guidare senza avere fretta, scoprendo le opere dettaglio per dettaglio, apprezzando l’apporto di ogni artista al servizio del racconto. Un mondo fantastico formato da sessanta opere di medie e grandi dimensioni, tra cui pezzi creati a tre mani dagli artisti e tre installazioni site specific realizzate con l’aiuto di Harrison Richards Bartlett.

Monica Canilao è la sciamana del gruppo, con tocco leggero cuce stoffe e vestiti rovinati dal tempo, intreccia pellicce e ricopre tutto di pizzi antichi, ma è capace di ricamare qualsiasi superficie e gli oggetti diventano nelle sue mani perline preziose. Moderna Penelope lei attende la fine del mondo. Swoon è la sacerdotessa che sceglie i giusti, coloro i quali son degni del nuovo mondo. I suoi ritratti stampati trasformano le persone (spesso amici e familiari) in simboli eterni, in allegorie di ciò che conservano nello spirito, sono le guide. Dennis McNett è il demiurgo, senza il quale «è impossibile che ogni cosa abbia nascimento». Le sue braccia sono lupi, leopardi e aquile; animali sacri nelle leggende nordiche intagliati nel legno. É lui che permetterà l’unione del nuovo e del vecchio per la rinascita della vita.

Alla fine del viaggio, un po’ tramortiti, tornerete al mondo come lo conosciamo, ma senza smettere di pensare a cosa potrà succedere e se mai seremo pronti. Una scommessa, questa messa in scena artistica, vinta con il coraggio e la bellezza, da vedere e godere entro il 20 luglio.

 

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