Gli Itinerari inconsapevoli di Elena Arzuffi per Lithium project

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Continua il ciclo espositivo Lithium presso la NOTgallery di Napoli che si prefigge di presentare le ultime esperienze nel campo della video-animazione d’autore. Questa volta, è il lavoro dell’artista bergamasca Elena Arzuffi a far da protagonista di  una personale, a cura di Alessandra Troncone che si terrà dal 21 aprile al 5 maggio.

I suoi Itinerari inconsapevoli si dispiegano in un universo frammentario in cui fotografia e disegno si avvicendano come elementi fondativi della narrazione. Tale peculiarità formale appare uno degli aspetti più interessanti del lavoro dell’artista; l’immagine fotografica, che appare sotto forma di frammento, di suggestione mnemonica, va gradualmente dissolvendosi per lasciar spazio al segno, un segno che potremmo definire sensibile, come filtro percettivo attraverso cui l’artista propone i suoi personali itinerari. Ma questo mix di medium non è l’unico elemento rilevante, non lo sarebbe almeno se non sottolineasse un processo narrativo complesso. Un’esperienza che per sua natura si presta ad essere assimilata e tradotta nella sensibilità altrui.
Si tratta per lo più di percorsi fisici ed emotivi. Una passeggiata nella natura per la protagonista di Impronte, video realizzato per la mostra Fuori Piste organizzata dalla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006; un percorso solitario nelle strade del quartiere Gattaglio di Reggio Emilia per il protagonista maschile di jaunt,  video esposto nell’omonima mostra e inserito all’interno del Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia (2009). Tutti questi percorsi hanno in comune un andamento riflessivo, una chiusura narrativa, che vuol fare eco di un itinerario emotivo più complesso. Si tratta di immagini che evocano una realtà comune, familiare, di cui però il medium frammentario sottolinea un aspetto impercettibile, un’atmosfera densa e impalpabile in cui si avverte tutto il sentire umano in relazione a ciò che lo circonda. Tale sentire è forse ancora più manifesto se messo in relazione con gli elementi esemplificativi della vita quotidiana: in quella serie di rituali ordinari che tanto più si svolgono apparentemente lontano dalla sensibilità, sotto il dominio dell’abitudine. Tale sensazione è accentuata dall’utilizzo peculiare del sonoro in cui ritmi cadenzati e melodie malinconiche fanno eco ad un percorso esistenziale in cui ordinarietà e sensibilità si intrecciano continuamente.

Ogni elemento partecipa a suggerire una dimensione fragile e perturbante, qualcosa che seppur tradotto nelle forme dell’espressione artistica ha strettamente a che fare con la quotidianità e forse, per tale ragione, ci appare ancora più sconvolgente.

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