Se 100% Brumotti incontrasse James Turrell…

di Redazione Commenta

 

Oltre alle installazioni luminose, James Turrel ha prodotto una notevole quantità di spazi autonomi, costruzioni  denominate Dark Spaces e Skyspaces studiate per alterare le percezioni del fruitore. Una dei progetti più celebri in tal senso è il Roden Crater Project, progetto finanziato dal conte Giuseppe Panza di Biumo a cui Turrell si sta dedicando dal 1974. Parliamo della trasformazione di un cratere vulcanico in un’opera d’arte, un “monumento alla percezione” costituito da installazioni ipogee che moltiplicano e la potenza dei fenomeni luminosi.

Il Roden Crater Project è un’opera in continuo divenire, ma c’è un’altra opera di Turrell, completata da un bel pezzo, che invece appare in continuo disfacimento. Stiamo parlando di Blueblood (1998), Skyspace installato negli spazi esterni del Santa Fe Center For Contemporary Arts, negli Stati Uniti. L’opera, inizialmente pensata per raccogliere la luce è attualmente adibita a raccogliere le erbacce e sembra sia destinata a tornare velocemente alla natura.

Nel corso degli anni, l’opera è stata completamente abbandonata ed in seguito coperta da un fitto intrico di graffiti e tags. Alcuni interventi di restauro hanno eliminato gli scarabocchi ma in seguito, le sabbie del tempo hanno proseguito il loro instancabile lavoro di erosione. Ad oggi, come potete ben vedere dalle foto, Blueblood non se la passa granchè bene, gli intonaci sono in uno stato pietoso e le erbacce impediscono il passaggio. Sembrerebbe di vedere uno di quei mostri di cemento nostrani, orfani dello stato che li ha partoriti.

Manca solo 100% Brumotti che scorazza attorno con la sua fida bici. Attualmente Blueblood è chiusa e va detto che la struttura non è mai stata realmente aperta al pubblico. La direzione del CCA ha lasciato intendere che il restauro dell’opera è una delle priorità del museo ma non è stata mai fissata una data per l’inizio dei lavori. Ad oggi Blueblood si è trasformata in una sorta di Land Art installation che invece di mostrare la potenza della luce, ci aiuta a comprendere l’estrema forza della natura, a cui tutto prima o poi deve tornare.

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