Nulla da obiettare, disarmanti verità – Michael Bevilacqua e Dean Sameshima a The FLat

di Redazione Commenta

Mentre noi siamo sempre rinchiusi nel nostro piccolo mondo antico, in altri luoghi esiste una realtà  manifesta di rabbia e dannazione. Sembra di fare un salto nel tempo entrando da The Flat di Massimo Carasi (Milano), negli anni bui di New York o nell’era del Punk underground a Londra, eppure siamo qua ed è tutto così reale che ci deve scuotere per forza.

Al piano terra accolgono le spettatore alcune grandi tele di Michael Bevilacqua, per chi conosce già il lavoro dell’artista californiano potrebbero sembrare variazioni sul tema. Michael da sempre gioca con colori e citazioni con un’arte che a prima vista potrebbe sembrare un’attualizzazione della pop art, con i suoi riferimenti a personaggi e simboli della cultura massificata americana, ma il suo è un gioco molto più complesso di mistificazione dell’immagine attraverso la parola e viceversa. Vicino all’ingresso piccole carte come copertine di libri di storie che non vorremmo leggere, ma invece ci inseguono, i colori tenui pastello nascondo  Klu Klux Klan, American Psyco e l’artista stesso, o almeno parte di esso.

È al piano interrato però che si compie il viaggio iniziatico: un antro scuro come fosse la secret room di un locale per scamabisti, con tanto di riferimenti più che chiari ad un mondo in cui la sessualità è vissuta senza inibizioni. Latex, catene, camere del piacere conducono in un percorso che si rivela sì libero, ma espressione di malcelata sofferenza e ingiustizie. Percorsi umani che si uniscono in orgie non-liberatorie, come le spille da balia serigrafate sulle tele di Dean Sameshima, californiano di stanza a Berlino, simbolo per la comunità gay di safe sex, ma anche un chiaro richiamo all’estetica punk.

Il gioco di riferimenti si sussegue e incatena tra loro significati e significanti: lo stesso glory hole disegnato in blu sulla parete di una stanza scura si ripropone sulla copertina del vinile dei The Germs: Germicide. Il cerchio, ripreso da un’altra copertina della band, simboleggia l’eterno ritorno, l’incapacità umana di andare avanti. La band punk di Los Angeles di cui cantante maledetto Darby Crash guidava le gesta era icona del punk made in Usa. Il titolo dell’opera non a caso è Rock’n’roll Suicide di David Bowie, Crash infatti si tolse la vita con un ultimo gesto di teatro drammatico: una dose letale di eroina. L’eroina è quello che vedi se hai il coraggio di osservare il lato oscuro del cucchiaio (altra opera di Michael Bevilacqua in cui gioca con il nome spoon-moon).

Così, accanto alla cultura underground, si fanno largo omaggi ad Andy Warhol e  Robert Mapplethorpe in una ricerca che inanella continuamente alto e basso, sofferenza ed estasi, citazioni esplicite e livelli di lettura nascosti nei quali ci imbattiamo en passant (In passing, il titolo azzeccato della mostra). Per concludere alcuni lavori site specific nei quali Michael e Dean duettano imbrattando i muri della galleria, dimostrando così una perfetta sincronia di intenzioni e poetiche.

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