L’Aratro di Campobasso inaugura una mostra “Difforme”

di Redazione 1

L’ARATRO presenta il suo ultimo evento del 2010, il seminario e la mostra “Difforme”, termine in cui sono contenute insieme una minaccia e una promessa. Infatti, difforme è ciò che distorce la forma normale, che la nega e al limite la fa scomparire – il ‘senza-forma’. Ma difforme è anche ciò che piega la forma e la modifica trasformandola in altro – in una ‘differente forma’. Fra le tante difformità, quella dei corpi umani si manifesta come la più inaccettabile al livello sociale, perché nega quella ‘normalità’ del corpo umano che costituisce il valore di riferimento dell’intero gruppo sociale: essere normali è infatti lo standard cui conformarsi per ogni membro del gruppo.

I corpi ‘difformi’ diventano così il bersaglio delle paure inconsce dei normali e delle pratiche di discriminazione più diverse: marginalizzazione, patologizzazione e medicalizzazione, normalizzazione forzata, rimozione dalla vista, internamento di vario tipo, quando non vera e propria distruzione fisica. Ma il gruppo dei normali deve tenere sotto controllo anche l’elemento fascinatorio delle difformità, che potrebbe ‘convertire’ qualche normale facendogli scoprire la propria difformità rimossa, nonché la possibilità che i difformi possano esibire liberamente la propria difformità e anche ‘contarsi’ per provare a rimettere in discussione lo stesso concetto di normalità.  Perciò, la strategia più largamente adottata dal gruppo sociale nei confronti dei difformi è quella di mantenere vivo, nei modi più diversi e più o meno politicamente corretti, il senso di orrore e di ‘abiezione’ e la paura del ‘contagio’ che la difformità suscita, inventando sempre nuove giustificazioni per la sua origine, per esempio il peccato, la genetica o la scelta, ma che sono tutte in grado di legittimare l’atteggiamento difensivo e il comportamento discriminatorio da parte del gruppo dei normali. Eppure, la difformità continua a rimanere anche la promessa di poter modificare la forma, di renderla semplicemente una ‘differente forma’ fra le infinite possibili.

Ed è proprio nello sguardo artistico sulla realtà che le due dimensioni della difformità – come minaccia e come promessa – trovano una ricomposizione armonica. Soprattutto nell’arte contemporanea, che s’interroga sempre di più sulle differenti forme dell’umano, l’elemento della difformità diviene centrale, sia quando si manifesta come ‘semplice’ esibizione della diversità, sia quando parte da difformità percepite nel flusso del divenire per elaborarne altre ancora nel regno del ‘pensabile’, tanto facendo un uso strumentale delle acquisizioni della scienza soprattutto medica, quanto ricorrendo a più o meno palesi sovversioni della conoscenza sociale diffusa sull’apparenza normale dell’individuo normale. Con queste modalità, e con infinite altre possibili, viene decostruito il difforme come minaccia, conferendogli la capacità di presentarsi come un diverso modo di concepire l’umano, più capace di includere gl’infinitamente differenti individui concreti.

Nella mostra incontriamo così le identità mutanti di Orlan, i rituali del dolore di Franko B, gli attraversamenti di genere di Paolo Angelosanto, le figure sospese tra maschile e femminile di Matteo Basilé, la ricerca sulle comunità BDSM di Angelo Bellobono, la bellezza dei corpi artificiali di Marco Bolognesi, gli interrogativi sulla bioingegneria dei codici QR dipinti da Fabrice de Nola, la potenza degli atleti disabili di Stefania Fabrizi, la Grande Madre archetipa di Paola Gandolfi, la raggelata ed enigmatica dialettica tra i sessi di Jessica Iapino, i travestimenti ironici di Francesco Impellizzeri, gli esseri ibridi di Franco Losvizzero, le trasformazioni magnetiche dei volti dipinti da Francesco Mernini, i corpi postumani di Marco Verrelli. A fine mostra sarà presentato un libro dedicato al progetto edito da Ded’A edizioni, Roma.

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