Gay Icons? si, grazie

di Redazione Commenta

Importante mostra fotografica alla National Portrait Gallery di Londra, si tratta di Gay Icons, vero e proprio evento che dal 2 luglio al 18 ottobre celebrerà l’importanza e il significativo apporto della realtà gay alla storia ed alla cultura del contemporaneo.

Dieci selezionatori hanno lavorato a stretto contatto con la National Portrait per scegliere sei artisti ognuno, le loro icone personali. La mostra include quindi famose icone (gay o non gay) che al di là del loro orientamento sessuale sono diventate figure preminenti nella società. Ogni personaggio in mostra è presentato con informazioni relative alla sua importanza storica ed alla sua biografia.

Tra i personaggi ritratti in fotografia spiccano i nomi di Francis Bacon, David Hockney, Harvey Milk, Quentin Crisp, Joe Orton, Dame Daphne Du Maurier, Patricia Highsmith, Walt Whitman, Pyotr Tchaikovsky, Village People, Nelson Mandela e Diana, la principessa del Galles, vero e proprio mito per le masse.

Ma i grandi nomi non sono solamente i personaggi che si sono lasciati ritrarre, la mostra infatti vanta fotografi d’eccezione come Andy Warhol, Linda McCartney, Snowdon, Polly Borland, Fergus Greer, Terry O’Neill e Cecil Beaton. Ed anche i selezionatori delle opere possono vantare un ricco pedigree, tra di loro infatti c’è niente di meno che Sir Elton John.

Sandy Nairne, direttore della National Portrait Gallery intervistata sulle tematiche della mostra ha recentemente dichiarato: “Gay Icons è un grande evento dove sensazionali storie sia pubbliche che private possono essere condivise. Ovviamente si parla di storie di vite coraggiose e di significative vittorie sociali che possono essere comprese e rivissute dal pubblico attraverso delle favolose immagini fotografate e selezionate da persone che rappresentano anch’esse delle vere e proprie icone”.

E noi di Globartmag aggiungiamo che tali storie devono essere un esempio ed una fonte d’ispirazione per tutte le generazioni a venire.

Photo Copyright: Joe Dallesandro by Paul Morrissey, 1968

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