Alla galleria Il Segno: ‘Propoli’, prima personale di Simone Cametti

di Redazione Commenta

Sconcerto, confusione e stupore sono queste le prime sensazioni suscitate nel visitatore che si accinge ad entrare all’interno della storica galleria Il Segno, sita a pochi passi da Piazza Barberini, nei cui esigui ma eleganti ambienti è allestita Propoli, prima personale di Simone Cametti, a cura di Claudio Libero Pisano.

Simone Cametti, classe 1982, è nato a Roma dove vive e lavora. Si è formato presso l’istituto d’arte di Ascoli Piceno e dal 2002 al 2004 ha frequentato ad Urbino l’Accademia di Belle Arti, con indirizzo Scultura. Nel 2005 torna a Roma e s’iscrive al R.U.F.A. ‘Libera Accademia delle Belle Arti di Roma’, legalmente riconosciuta, diplomandosi nel 2008 in Scultura con il prof. Davide Orlandi Dormino. Nello stesso anno viene selezionato per lo Stage di Eccellenza TAM ‘Trattamento artistico dei metalli’ tenuto da Arnaldo Pomodoro sotto la Direzione Artistica di Nunzio. Successivamente ha collaborato come assistente negli studi di Davide Orlandi Dormino e Alessandro Baronio. Nel 2010 ha realizzato l’installazione ambientale Prayer mat al museo CIAC Castello Colonna di Genazzano. Nel 2012 è stato scelto come vincitore del Premio Terna, sezione Gigawatt e finalista del Premio Francesco Fabbri. Tra le mostre collettive del 2011: Ente Comunale di Consumo al Complesso del Vittoriano, Roma e Galleria Nazionale – Palazzo Arnone, Cosenza; Non è facile, Palazzo Incontro, Roma; Achtung Achtung, Ex Gil, Roma. Nel 2010: Adrenalina 1.2, Musei Capitolini Centrale Montemartini, Roma.  

Semplici sportelli da cucina, un gioco telematico convertito in scultura, un ‘prezioso’ codice fiscale, una manciata di shanghai accompagnati da agghiaccianti fotografie di ossa animali ed infine un video, documento di una recente performance. Opere apparentemente scollegate tra loro da cui scaturiscono una serie di interrogativi in chi le osserva. Quesiti che appaiono a primo impatto insoluti, irrisolvibili. Una continua generazione di non-sense appositamente ricercata dal romano il cui obiettivo primario è celare tradizionali e pregiati materiali impiegati in scultura realizzando, attraverso di essi, oggetti tridimensionali di grandi e piccole dimensioni che acquistano nuovi significati e funzioni.

Non siamo di fronte al mero polimero industriale, bensì al marmo di Carrara, all’oro giallo e perfino al midollo animale. Tutto si trasforma acquistando nuova vitalità, nuovi input da cui ripartire. Ciò che il pubblico guarda con disorientamento non è il semplice ready – made di duchampiana memoria ma una rivisitazione del manufatto accuratamente elaborata e meditata da Cametti poiché dietro la sua apparente banalità sono celati riferimenti a fatti reali. Come afferma lo stesso curatore, “l’artista risolve l’idea di David Freedberg sulla forza evocativa e significante delle immagini e, trasponendola in scultura, costruisce contesti che ne aumentano la forza dirompente.” Secondo il professore della Columbia University, David Freedberg, le rappresentazioni visive della storia dell’arte evocano una serie di reazioni in colui che le osserva condizionate dal suo bagaglio visivo e dal contesto culturale in cui vive. Lo shock causato dalla visione delle varie opere di Simone conferma, appunto, la tesi dell’americano: i lavori presentati, tutti appositamente realizzati per la mostra, appaiono a primo sguardo molto differenti tra loro provocando tale scombussolamento.

Il percorso inizia dalla vetrina delle sede espositiva in cui è presente una lastra di marmo verde del Guatemala che resta ingiustamente inosservata perché l’occhio dello spettatore è immediatamente attratto da Ante (marmo verde del Guatemala e vernice poliuretanica) ovvero sei sportelli bianchi, semplice riproduzione del tipico mobilio domestico, adagiati a terra lungo il corridoio. Poco più avanti lo spazio si amplia e si accede in una sala quadrata in cui sono contrapposti tre differenti lavori. Un monumentale Tetris, in marmo di Carrara e vernice poliuretanica, duplicato tangibile del famoso passatempo virtuale, occupa una parte importante della stanza in cui è esposto anche Mar Rosso,  codice fiscale in oro dell’artista stesso collocato in una teca, la cui deviante denominazione conduce la mente alla ‘calda’ regione mediorientale, sede di molteplici ed infiniti conflitti. Nello stesso ambiente, precisamente nell’angolo opposto al manufatto dorato, troviamo l’installazione Shangai: una manciata di bastoncini colorati, ricordo di giochi infantili, adagiati su un piano ed accostati a 53 immagini raffiguranti ossa animali che, colte attraverso l’occhio freddo della macchina fotografica, sottolineano l’atrocità umana nei confronti di un altro popolo, di una cultura sentita diversa. Un sottile conteggio che smaschera l’infinita proliferazioni di guerre in diverse aree mondiali aprendo una scottante riflessione! 

A conclusione dell’esposizione il video S.O.S. in cui, in poco più di 3 minuti, è raccontata l’affascinante performance effettuata dall’artista in autunno a Genazzano sul ponte che conduce all’interno del Castello Colonna, sede del CIAC. Filmato ed immagini fotografiche documentano la ricollocazione di una pavimentazione urbana secondo un diverso ordine attuando così una trasformazione da un’azione rituale ad una richiesta d’aiuto attraverso l’impiego del linguaggio morse, codice binario utilizzato per comunicare silenziosamente un vitale bisogno di soccorso.

Osservando queste opere si nota il costante ritorno di due elementi: l’essenzialità e la manualità. Per tale motivo la poetica di Cametti può essere definita come una poetica dell’estrema essenzialità o sinteticità, qualità che egli stesso afferma di possedere. Peculiarità, questa, visibile in ogni lavoro presentato sia per l’impiego di materiali poveri ovvero veri, sia per la creazione di manufatti semplici basati su solidi primari.

Rilevante in ogni sua creazione è la pratica manuale dell’esperienza scultorea. Riproducendo oggetti comuni attraverso l’antica tecnica Simone si riconnette con un passato leggendario composto da grandi nomi, Michelangelo in primis. Come il fiorentino, che nel Cinquecento si recava personalmente nelle cave di marmo per scegliere il pezzo migliore in cui già vedeva realizzato il suo David, così oggi Simone opta per il materiale duro accuratamente selezionato dal marmista di fiducia. Attualmente sono pochi gli artisti che possiedono questa sensibilità nei confronti di materie organiche difficili da dominare, scolpire o levigare con le proprie mani a causa della tendenza ad elaborare ed esporre solamente l’idea o la fase progettuale di un lavoro. Tutta la sua produzione, invece, è caratterizzata dal ‘gesto’, dal vero e proprio fare artistico, dove la pianificazione dell’idea si concretizza in forme plastiche ben definite. Opere essenziali ma colme di significati che si ricollegano alla realtà quotidiana.

Accanto alla raffinatezza del marmo emerge la rarità e la purezza dell’oro. Al pregiato metallo è legata la storia personale dell’artista ed anche la risoluzione dei conflitti tra due culture, vicine ma al contempo diversissime. L’unica soluzione possibile è celata nel titolo della mostra Propoli, termine che in greco assume il significato di ‘difensore della città’. Nella sua Naturalis Historia Plinio il Vecchio impiega il medesimo vocabolo per designare la resina trattata dalle api utilizzata per difendere l’alveare da possibili pericoli esterni, quali predatori o malattie. In tal senso, la parola Propoli indica l’elemento naturale e l’antidoto per eccellenza contro ogni eventuale minaccia nei confronti della nostra identità ed integrità personale e culturale.

Scopo ultimo di Simone Cametti è produrre, attraverso il ribaltamento dei ruoli tra pittura e scultura, tra significato e percezione, una tabula rasa primordiale da cui ripartire per riscoprire con occhio ingenuo le singole cose che ci circondano. Le materie prime da lui utilizzate (osso, lastra di marmo, oro) rappresentano la vera essenza della realtà oggettiva, ricongiungendoci alle basi della nostra civiltà.

di Maila Buglioni

 

  

Simone Cametti – Propoli

a cura di Claudio Libero Pisano

dal 29 novembre 2012 a  febbraio 2013

GALLERIA IL SEGNO

via capo le case, 4 – 00187 – Roma

orario: martedì-venerdì 10:30-13:00 / 17:00-19:30 – sabato 10:30-13:00 – lunedì 17:00-19:30

ingresso libero

info: t. +39 06.6791387 – fax. +39 06.6795844

 [email protected]www.galleriailsegno.com

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