Wu Yuren e il distretto 008, la Cina fallisce per l’ennesima volta

di Redazione Commenta

In questi giorni la BBC inglese ha intervistato Ai Weiwei e l’artista ha rilasciato alcune scioccanti dichiarazioni circa i suoi (oltre) 80 giorni di prigionia in mano ai servizi di polizia cinesi. Weiwei ha detto alla stampa di essersi sentito “molto vicino alla morte”, a conferma della gravità di una situazione che ha tenuto con il fiato sospeso l’intero mondo dell’arte.

Va detto però che Weiwei non è l’unico artista cinese ad essere caduto vittima di un regime a dir poco oscurantista. Vi ricordate ad esempio di Wu Yuren? Ebbene se non sapete di chi stiamo parlando, vi rinfreschiamo un poco la memoria. Yuren è un intrepido artista cinese che è stato soprannominato il “piccolo Ai” per il suo coraggio e la sua combattività, attributi molto simili al suo noto collega Ai Weiwei. Yuren è stato processato nel novembre 2010 ed è stato successivamente imprigionato aver scatenato, nel corso della precedente estate, una rivolta nel distretto artistico di Pechino denominato 008, dopo che le autorità cittadine avevano deciso di raderlo al suolo. Fortunatamente lo scorso aprile il giovane artista è tornato a casa ma si tratta di una libertà condizionata. Questa situazione è tuttora in fase di stallo poiché il passaporto dell’artista è stato confiscato ed ancora non è stata fissata una data per la sentenza finale. Ciò rappresenta una vera e propria catastrofe per qualsiasi artista intenzionato a costruire una seria carriera con mostre all’estero, residenze, soggiorni studio e quanto altro. Insomma l’artista si trova in una sorta di limbo, senza uno spiraglio di luce ma ciò non gli ha impedito di tornare sul luogo del misfatto, sarebbe a dire il distretto 008, per ammirare con i propri occhi la situazione attuale del polo culturale.

Ebbene oramai quel distretto non esiste più, la zona è tornata arida e secca, senza più nemmeno l’ombra della vita e del fermento culturale che prima l’animavano. Il Distretto 008 e la carriera di Wu Yuren sono due grandi punti interrogativi, due questioni tra le tante che la Cina dovrebbe risolvere se vuole divenire una potenza dell’arte contemporanea.

 

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