The Residents, Luther Blisset, Artists Anonymous e l’arte anonima

Oggi Globartmag focalizza l’attenzione sull’anonimato artistico. Parliamo di  The Residents,  realtà artistica storica della scena underground americana in bilico tra il grottesco e lo sperimentale. The Residents è  un gruppo di visual artists e musicisti del tutto stravagante, nel corso della loro lunghissima carriera esattamente dal loro primo album Meet The Residents, questo squinternato quartetto caratterizzato dalla famosa maschera con un gigantesco bulbo oculare al posto della testa non ha mai smesso di produrre arte d’avanguardia.

Tra i loro lavori più famosi ricordiamo  One Minute Movies, degli esperimenti filmici di un minuto in bilico tra video musicale e video arte che rappresentano un vero e proprio punto di unione con  The Commercial Album un disco con 40 brani di circa 60 secondi ciascuno uscito nei primi anni ’80

Quando le maschere mascherano la mancanza di idee

Sarà che siamo in periodo carnevalesco o sarà che di maschere se ne vedono troppe in giro, sta di fatto che oggi parliamo proprio di questa forma di travestimento legata al buon vecchio mondo dell’arte contemporanea. Artefatto, feticcio, ossessione, la maschera, dai tempi dell’antica Grecia passando per la commedia dell’arte ed appunto la farsa carnevalesca rappresenta il sogno di cambiare aspetto, di occultare i propri sentimenti, di incutere timore all’avversario o semplicemente di provocare una sonora risata.

Sin dai suoi primi bagliori, la scintilla della creatività umana ha preso in prestito la maschera per molteplici scopi artistici. Dobbiamo a questo punto dichiarare che a noi l’utilizzo della maschera piace ed anche parecchio, basti citare The Residents, George Condo, Sparklehorse e David Lynch, solo per fare alcuni nomi operanti in diverse discipline che hanno fatto largo uso della maschera. Ultimamente però il gioco si è fatto alquanto banale visto che sempre più giovani artisti decidono di utilizzare la maschera per rendere misterioso ciò che invece è alquanto vuoto e tedioso. Ecco quindi che spuntano come funghi fotografie e video dove i personaggi principali, vestiti in maniera impeccabile, indossano maschere di animali.

Luca Rossi, intervista/dialogo sull’arte e sulle dinamiche artistiche

Micol Di Veroli e Luca Rossi presentano un’intervista/dialogo sull’arte e sulle dinamiche artistiche, senza troppi convenevoli. Un confronto attivo mirato a chiarire posizioni e cercare nuove soluzioni qualora ce ne fossero.

MDV – Mi trovo in sintonia con molte delle tue dichiarazioni presenti sul blog Whitehouse ed è tristemente vero che le nostre giovani leve sono ormai simili a replicanti di altri artisti del panorama internazionale. Nel peggiore dei casi la nostra giovane arte si ritrova  a produrre formazioni estetiche stile Ikea prive di ogni significato, nell’assurda e vana ricerca di un ermetismo che confonda le acque, sperando che lo spettatore non riesca ad agganciare un qualche riferimento colto del tutto inesistente. Io trovo che il vero problema risieda nella mancanza di documentazione e di studio, tu cosa ne pensi?

LR – Mancanza di studio, ma anche malafede più o meno consapevole. O consapevolezza di non poter/voler fare altro nella vita che un lavoro (apparentemente) eccitante e comodo come quello del “giovane artista”. Inoltre in italia viene vissuto un complesso di inferiorità sull’essere italiani. Questo favorisce una certa esterofilia e il mantenimento di un profilo basso, silenzioso e colto. Quindi assenza di un confronto critico, perchè sia ha sempre paura di essere i soliti italiani “bar sport” e polemici. Questo porta problemi di relativismo dove “tutto può andare” ed essere accettato e giustificabile. In fondo l’arte contemporanea viene vista (da alcuni) come materia “hobbistica”.  Queste dinamiche portano risultati mediocri; nel migliore dei casi buoni standard sviluppati come “compie sbiadite” di quello che avviene sulla scena internazionale.