Alitalia liquida l’arte

di Redazione Commenta

De Chirico, Balla, Severini , Dalì e chi più ne ha più ne venda. Già perché la compagnia di bandiera

Ha pensato bene di fare cassa raggruppando le opere d’arte che aveva da tempo dimenticate nelle sedi di rappresentanza e negli uffici dei top manager di tutto il globo.

Tra veri e propri capolavori ed opere meno note e blasonato svetta un piccolo corpus artistico del futurista Gino Severini al quale la compagnia di bandiera aveva commissionato una serie di opere da esporre in pompa magna nella sede di Parigi. Il liquidatore di Alitalia Augusto Fantozzi ha personalmente recuperato uno ad uno i capolavori stipandoli nel bunker sotterraneo del quartier generale Alitalia della magliana a Roma.

In questo momento i capolavori giacciono nel sottosuolo sorvegliati a vista da guardie private. Per il valore complessivo delle opere Fantozzi non si sbilancia, ma non è certo un segreto che le opere di Balla, Dalì e compagnia cantante hanno fatto registrare prezzi da capogiro nelle ultime aste internazionali. Andando più a fondo si apprende che la lista annovera quasi 200 pezzi e svettano i nomi di  Giuseppe Capogrossi, Renato Guttuso, Mario Sironi, Fortunato Depero, Ottone Rosai e Massimo Campigli, Giacomo Manzù e Mario Ceroli. Sembra che le opere d’arte, acquistate all’inizio degli anni 50 servissero a dar lustro all’Alitalia fungendo da vero e proprio simbolo di italianità da esporre in sale d’aspetto e voli transcontinentali. Del resto non è la prima volta che una grande azienda acquista arte per prestigio ed investimento, basti pensare agli istituti bancari italiani ed esteri che hanno da sempre celato nei proprio caveau una vera e propria fortuna in arte. La cosa che un poco stupisce è il fatto che tale investimento sia stato compiuto da una struttura fondata dal governo italiano e controllata dal ministero dell’economia e delle finanze.

Circa 200 pezzi andranno così all’asta al miglior offerente e sinceramente ci chiediamo se non sarebbe stato più giusto rendere visibile al pubblico dei capolavori acquistati anche se indirettamente con denaro pubblico.

Fonte: Corriere della sera

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