Weihai Road 696, quando Shanghai non ama i suoi artisti

di Redazione Commenta

Se Londra, Berlino, New York e molte altre metropoli del mondo si sono trasformate negli anni in vere e proprie capitali dell’arte contemporanea, Shanghai potrebbe vincere il premio come città meno ospitale di tutta la creatività internazionale. Già, la città più popolosa della Cina nonché metropoli più popolosa del mondo, non è proprio il posto ideale per uno studio d’artista. Ne sa qualcosa il povero Ai Weiwei che pochi mesi fa era stato invitato a costruire uno studio proprio dalle autorità governative cittadine, vale a dire le stesse che hanno poi raso al suolo ogni centimetro quadrato di quel piccolo tempio della creatività.

Ebbene, in questi ultimi giorni altri artisti locali si sono trovati a sperimentare sulla loro pelle le difficoltà di essere creativi a Shanghai. Da ormai quattro anni infatti una colonia di artisti dissidenti si è stabilita in una fabbrica abbandonata nel centro della città, a pochi passi da Nanjing Road, la fashion street sede del main store cinese di Louis Vuitton. In poco tempo la colonia creativa ha ribattezzato quel distretto creativo come Weihai Road 696, dando vita ad una scena artistica caratterizzata da un estremo sentimento di avanguardia il quale molto spesso non incontra i favori dell’arte commerciale. Molti tra pittori, scultori, fotografi, fashion designers, filmmakers e stampatori hanno scelto la zona di Weihai Road 696 come il proprio quartier generale ed un cospicuo numero di gallerie sperimentali hanno cominciato a spuntare come funghi in tutta l’area. Weihai Road è riuscita persino a combattere lo spettro della demolizione grazie all’unità degli artisti che la animano.

Ora però le autorità cittadine si sono messe in testa di riqualificare la zona e di trasformarla in un distretto very chic. Ovviamente tutti gli artisti ora residenti saranno costretti a sloggiare, anche perchè gli affitti sono destinati a rialzarsi così tanto da divenire insostenibili. Se questo brutto sogno si tramutasse in realtà Shanghai perderà un’altra fetta del suo ormai esiguo cuore creativo.

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