Al Quadraro l’arte si mostra in luoghi impensabili

di Redazione Commenta

Spazi dismessi a causa della crisi mondiale? C’è chi ha ben pensato di utilizzarli in modo inconsueto. Succede al Quadraro, quartiere popolare che ha sempre accolto nuove comunità e tradizioni. La storica borgata è stata scelta come sede di ‘Nuova Gestione’, un progetto culturale nato per riflettere sull’odierna fase di stallo, ma, soprattutto, per fruire l’arte contemporanea in siti inusuali fornendo un’alternativa alle gallerie e alle strutture istituzionali.

Ideatore del programma è il collettivo Sguardo Contemporaneo che ha, inoltre, curato gli interventi site-specific di sei artisti italiani, in cinque locali sfitti, accomunati da tali caratteristiche: sperimentazione, utilizzo di mass media e di idiomi innovativi, capacità di creare lavori che prevedono la partecipazione ed interazione col fruitore. Per la realizzazione delle opere, gli artefici, sono stati aiutati sia dai proprietari, nonché testimoni delle memorie delle strutture messe a disposizione, sia dagli abitanti che hanno esposto le problematiche legate a tale contesto. Ne deriva un tour dall’iter facoltativo che si snoda dalla principale Via dei Quintili, terminando a Via degli Arvali.

Nella vetrina di un ex-falegnameria, in via dei Quintili 27, Lino Strangis (Lamezia Terme, 1981 – vive e lavora a Roma) realizza un’ambientazione ad hoc per l’inserimento di un monitor su cui scorrono le immagini del video ‘Odyssey in the Sense’. L’isolamento tra l’ambiente circostante e il filmato fa sì che quest’ultimo sia proposto come mera merce di un negozio. Lino affronta il tema dell’immigrazione interpretata come viaggio: Ulisse o astronauta 3D, allegoria del migrante e dell’artista stesso, esplora luoghi sconosciuti, effettuando un percorso inteso come momento di formazione e ampliamento delle conoscenze, sviluppando la capacità di adattarsi a circostanze imprevedibili, senza trovare una definitiva collocazione.

Si arriva a via Filippo Re, per accedere in un ambiente asettico di recente ristrutturazione. Unica traccia del passato è una botola che porta a un cunicolo usato come nascondiglio durante il rastrellamento tedesco del ‘44. Un tavolo da seduta spiritica al centro della sala vuota e silenziosa, dove una moneta, unica presenza reale, si muove tracciando all’infinito la parola ‘Vedovedove’, titolo dell’installazione di Marco Bernardi (Roma, 1969 – vive e lavora tra Roma e Venezia) e riferimento alle donne che persero mariti e figli, deportati in Germania come prigionieri politici. L’atmosfera sospesa è, al contempo, vivificata da un humour sottile e leggero, caratteristica di molte opere di Marco. Tuttavia, mentre nei rituali magici l’anima invocata è liberata una volta caduto a terra lo spicciolo, nel lavoro del romano il ripetersi perpetuo dello stesso vocabolo indica l’impossibile diretto contatto con l’accaduto e, contemporaneamente, la sua costante rievocazione.

Proseguendo, al 93 di via dei Quintili, Luana Perilli (Roma, 1981 – vive e lavora a Roma) propone ‘Eurosocial Wraps – Nido di Vespe’ dove riflette sulla negativa espressione fascista ‘nido di vespe’ reinterpretandola come società fondata sulla coesione, sull’altruismo e sulla condivisione del bene comune. Il parallelismo comportamentale tra la realtà del sobborgo e le comunità di insetti eurosociali (quali api, vespe o formiche) è scaturita dalla lettura di vari trattati d’inizio Novecento, da cui ha estrapolato le illustrazioni per realizzare collage e un video. L’acuto accostamento pone lo spettatore a confrontarsi con avvenimenti che ‘qualcuno’ voleva ingiustamente cancellare.

Al 105, Elisa Strinna (Padova, 1982 – vive e lavora a Venezia), avvezza all’uso dei linguaggi più disparati, presenta ‘Once, upon this time (C’era una volta, oggi)’. Un’ibrida favola contemporanea nata grazie alla collaborazione tra la padovana e i residenti. Ricordi reali, leggende e storie fantastiche vengono rielaborate da Elisa per dar origine ad un scritto ‘sans fin’ che culminerà nella stampa di un libro contenente la medesima fabula ambienta al Quadraro. Un’azione trans-culturale che ben si inserisce nella ricerca della Strinna.

Ultima tappa è il seminterrato, tutto al femminile, di via degli Arvali. In una grotta semibuia, metafora dell’esistenza, Angela Zurlo (Troia, Fg, 1982 – vive e lavora tra Roma e Milano) colloca ‘Sole a mezzanotte’. Una struttura circolare, simile a un lampadario, su cui sono appese bustine di plastica contenenti bimbi ricamati che ruotano secondo un moto lento e continuo. Un’atmosfera ancestrale, emanata dalla musica da carillon, suscita nel fruitore un sentimento misto tra paura e sorpresa, alludendo all’originaria funzione del sito (rifugio, negozio di lampadari e giocattoli). Mentre Margherita Moscardini (Donoratico, LI, 1982) collega ed invade i due vani che suddividono il sotterraneo tramite ‘A case for Contents’: una scatola di legno vuota, rialzata di qualche centimetro da terra. Il titolo allude ad un raccoglitore di immagini, la cui trama può essere elaborata da chiunque ricorrendo alle suggestioni culturali, collettive e soggettive, emanate dal luogo stesso.

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