Quando il nudo in arte non è peccato

Quando ammirate un’opera d’arte sicuramente sarete colpiti dalla sua estetica, dai colori, dall’impianto prospettico e perchè no anche da ciò che si cela dietro le forme vale a dire al concetto ed al simbolismo che l’artista ha voluto trasmettere all’opera. Eppure molti di voi, quando si trovano ad ammirare capolavori d’arte e di bellezza femminile come la Maya Desnuda di Francisco Goya o la Naiade di Antonio Canova o esempi di bellezza maschile come il David di Michelangelo Buonarroti non possono far a meno di rimanere colpiti dal fascino delle forme tonde e guizzanti, abbandonandosi quindi ad un comprensibile pensiero legato al sesso.

Del resto tale pulsione interiore è stata ampiamente discussa da Sir Kenneth Clark che nel 1953 discusse, a Washington, una serie di interessanti lezioni sul coinvolgimento sessuale dello spettatore di fronte al nudo d’arte. La conclusione del ciclo di lectures fu che sebbene nella stragrande maggioranza dei casi il nudo artistico è dettato da condizioni estetiche e filosofiche per così dire caste, lo spettatore non riesce a trattenere un istinto carnale.

Susie J. Lee – Still Lives

La Galleria Tiziana Di Caro ha il piacere di ospitare la seconda mostra personale di Susie J. Lee, che inaugura sabato 25 settembre 2010 alle ore 19.00. A due anni di distanza da Bodies of Water, mostra di video installazioni e video sculture, Susie J. Lee torna a confrontarsi con gli spazi della galleria con un progetto nuovo, in cui la passata attitudine per le scienze biologiche, che per tanti anni aveva caratterizzato il suo lavoro, è sostituita da una riflessione sul ritratto espressa attraverso il video.

A Salerno sarà presentata una serie di lavori, nata dall’esperienza al Washington Care Center, una casa di cura situata a Seattle, in cui Lee si è imbattuta in un gruppo di pazienti con peculiari problemi di salute, che sono divenuti protagonisti delle singole opere. Queste ultime quindi sono il risultato di un’esperienza vissuta in prima persona, modulata da incontri, conversazioni, confronti, da cui è emersa una riflessione sul rapporto tra la vita presente e quella passata.

Delitto e castigo, una mostra sul crimine al Museo D’Orsay di Parigi

 Siamo a Parigi, esattamente il 30 settembre del 1981 il ministro francese di grazia e giustizia Robert Badinter riesce ad abolire la pena di morte in tutta la nazione. Ci sono voluti circa duecento anni di dibattiti e polemiche per arrivare a questa importante decisione. Fu infatti nel lontano 1791 che Louis-Michel Le Peletier de Saint-Fargeau cercò di convincere l’Assemblea Costituente ad abolire la pena capitale. Dal 1791 al 1981, dalla Rivoluzione Francese ai giorni nostri, si è lungamente parlato di giustizia divina e giustizia terrena e sul fatto che un uomo non può sostituirsi a Dio e sottrarre la vita ad un altro uomo.

Duecento anni di pena capitale hanno però creato vere e proprie figure criminali memorabili, oscure e malevole presenze che hanno foraggiato la letteratura ispirando maestri come Sade, Baudelaire, Dostoevskij e Camus. Il crimine ed in particolare l’assassinio ha alimentato anche le arti visive, nei maggiori pittori come Francisco Goya, Théodore Géricault, Pablo Picasso e René Magritte, le raffigurazioni del crimine o della pena capitale hanno portato alla creazione di opere straordinarie. Anche il cinema, fa subito suo il fascino inquieto di una violenza estrema e la rappresentazione della stessa è trasformata in piacere, addirittura in voluttà.