Davide Bertocchi, 2020 Odissea nello spazio

Ci lamentiamo sempre di non aver abbastanza artisti italiani nel novero delle stars internazionali. Effettivamente il sistema dell’arte nostrano non si impegna poi tanto nel promuovere il nostro “prodotto” all’estero, limitandosi a curare un orticello fatto di rivalità, accentramenti di potere e secessioni. Magari con una spinta congiunta da parte di tutti gli attori della nostra realtà si potrebbe fare di più e lanciare qualche nostro giovane talento al di fuori degli ormai troppo stretti confini nazionali.

Di questo ne abbiamo già ampiamente parlato, oggi vorremmo invece sottoporre alla vostra attenzione un promettente artista che è riuscito a guadagnarsi stima e rispetto anche al di fuori dall’Italia, partecipando a numerose manifestazioni con opere sempre più interessanti e rappresentando in termini l’eccezione che conferma la regola. Insomma per una volta tanto mettiamo da parte i Damien Hirst, i Jeff Koons, per parlarvi di un nostro “prodotto” da esportazione.  Si tratta di Davide Bertocchi, artista impegnato e profondo trasferitosi a Parigi da diverso tempo, le cui performances ed opere mixed media molto spesso si interrogano sui limiti della conoscienza scientifica.

Terence Koh professore di storia dell’arte per un giorno

Performa 09 ha letteralmente scosso e preso d’assalto la scena dell’arte contemporanea newyorkese in questo novembre che si preannunciava privo di forti emozioni. Il successo della biennale della performance è da attribuirsi al sempre più crescente interesse che questa tecnica artistica suscita in pubblico e critica ed all’ottima capacità organizzativa della manifestazione che ha sciorinato una lista di eventi interessanti con la presenza di grandi nomi della scena internazionale.

Dopo l’ottima prova di Alterazioni Video e Marcello Maloberti che hanno ottenuto ottime critiche da parte della stampa newyorchese, Performa 09 è stata teatro la scorsa notte di una performance del tutto singolare al National Arts Club (che conta fra i suoi membri nomi del calibro di Robert Henri, Frederick Remington ed Alfred Stieglitz) dove l’estroso Terence Koh ha divertito e tenuto in scacco il pubblico durante Art History 1642-2009, una sorta di lezione sull’arte decisamente originale.

Performa 09 la biennale della performance art

 Strano a dirsi ma fino a pochi anni fa era pensiero comune che la performance fosse una forma d’arte destinata a pochi, sparuti intenditori dell’entourage contemporano. Oggi fortunatamente nessuno si azzarderebbe mai a pensare una cosa del genere poiché la performance art è divenuta talmente celebre da meritarsi anche una Biennale dedicata. Si tratta infatti di Performa, biennial of visual art performance manifestazione newyorkese fortemente voluta da RoseLee Goldberg che inaugura questa settimana la sua terza edizione.

RoseLee Goldberg è da sempre un’appassionata della performance art ed è sempre alla ricerca di proposte artistiche in grado di stupire ed affascinare anche l’esigente platea statunitense ed i relativi addetti ai lavori dal piglio snob. Così nelle prossime tre settimane il grande festival presenterà più di 110 lavori creati da 150 artisti provenienti da ogni parte del globo che daranno del filo da torcere ai 40 differenti curatori che hanno dovuto organizzare una grande mole di creatività sparsa in circa 80 sedi cittadine.