Parasimpatico – Postsimpatico = Pippilotti Rist all’ex cinema Manzoni

di Redazione 2

Ho letto che Pippilotti Rist vuole ritirarsi a cucinare nel Somerset, in Inghilterra, e mi sono sentita un po’ sollevata perché va detto fuori dai denti: questa volta caro Massimiliano Gioni, secondo me e per quel che vale, hai toppato alla grande. Il meccanismo adottato dalla Fondazione Trussardi ormai è noto: ogni anno viene scelto un luogo milanese chiuso al pubblico e lo si riapre installando una mostra di qualche artista di quelli che conosce pure la massaia che segue l’inserto culturale del Tg2. E fin qui tutto bene, anzi benissimo: luoghi suggestivi, riappropriamento della città, arte per tutti e gratuita, nomi prestigiosi…

Ho sempre apprezzato il lavoro svolto  e ne ho sempre scritto con entusiasmo, ma credo che ora sia arrivato il momento di essere coraggiosi e questa mostra è tutto il contrario. Nulla da dire sulla scelta del luogo, tuttalpiù vorrei sapere come mai una sala cinematografica così maestosa e affascinante sia chiusa al pubblico. Marmi, dipinti e decorazioni in ogni dove che non avrebbero bisogno di nessun evento per essere degni di nota, invece sono stati declassati a sfondo per proiezioni. Riflettendo sui motivi che possono aver portato un’artista a mutilare sia le proprie opere che un luogo del genere con un allestimento così irritante è che si aveva il timore di risultare troppo banali a proiettare video arte in un cinema.

Senza commentare l’inutile, come il candelabro di mutandoni e la macchina sparabolle, quest’ultima intitolata coraggiosamente Nothing, ci troviamo sullo scalone d’entrata a fissare il soffitto a gradoni: sopra le nostre teste Lobe of the lung. Se non fosse così basso il soffitto, e quindi scomodo da guardare a testa in su, direi che è siamo di fronte all’unica soluzione innovativa che non penalizza il lavoro, si crea un gioco prospettico divertente che permette allo spettatore di immergersi nel campo di tulipani che fa da sfondo al magico mondo di Pippilotti.

Da qui in poi la tristezza di un azzardo venuto male. Il video proiettato dietro al bancone si perde completamente, luce sbagliata e spazi troppo stretti e diventa tutto una macchia di colore informe. Sip my Ocean invece appare a cavallo di un angolo in marmo, una scalinata buia e un muro retrostante, fondamentalmente si riesce a intuire cosa avviene in un terzo dell’ipotetico schermo. Il raccondo caledoiscopico di Pippilotti si basa sul ciclo della vita in un impastarsi di liquido amniotico e ricordi. I colori e gli effetti ricordano i video musicale anni Ottanta in cui si sperimentava con il chroma key effetti sfumati e fluo, la retorica è noiosa e la qualità delle immagini scarsa.

Nei bagno quella che viene definito un colpo di scena: un piccolo schermo che trasmette Solution For Woman (nell’altro bagno c’è la versione maschile) con fluidi colorati che si dissolvono su sfondo scuro. In un bagno, liquidi colorati, davvero?

Infine l’enorme sala con uno schermo panoramico di 15 metri su cui Pippilotti schiaccia la faccia incurante sia del trucco che dell’inutilità del gesto. Il video, Open my glade, questa volta non pecca di tecnica, ma alla lunga annoia comunque e manca di quella forza declamata sul libretto che accompagna la mostra. “(…) il volto dell’artista, in primissimo piano, schiacciato contro un vetro, come se stesse per romperloe volesse irrompere nella sala(…)” se vuoi rompere un vetro compi un gesto violento, non imiti una lumaca sul vetro, giusto per dire che la verità viene sempre a galla. L’unico è distrarsi con Extremities (smooth, smooth) che riempie il soffitto come fosse un cielo stellato in cui casualmente fluttuano bocche, capezzoli, piedi, orecchie e peni, post-simpatico.

Nella lunetta della balconata l’ultima opera, Homo Sapiens Sapiens riporta al punto di partenza, cioè  quel mondo di folletti e colori accesi in cui l’artista mescola citazioni storiche, leggende, mondo interiore e corpo fisico nel suo personale linguaggio per immagini che l’ha resa famosa in tutto il mondo. Quella creatività bambina e sfacciata non solo non emerge da questa mostra, ma nemmeno dagli ultimi lavori esposti in Biennale di Venezia, quindi Pippi buen retiro nel Somerset, è probabile che tu ne abbia bisogno per ricaricare le pile.

 

Commenti (2)

  1. La domanda è: fino a che punto l’autrice della recensione conosce il lavoro di Pipilotti Rist? Perchè a leggere queste righe sembrerebbe davvero poco… Legittimo che una mostra non piaccia, che un allestimento irriti, ritenere che un artista non abbia dato il meglio di sè. Fin qui tutto bene. Ma da qui a sentenziare che qualcuno dovrebbe andare pensione ne passa. Soprattutto se le argomentazioni sono deboli e poco approfondite, se si afferma che la qualità tecnica dei lavori è scarsa (quando la questione è ben più complessa di così), se non si sa che lavori come NOTHING, per citarne uno a caso, hanno una lunga storia espositiva alle spalle. E poi, cosa c’entra la Fondazione Trussardi col fatto che il Cinema Manzoni è chiuso? La Fondazione tutt’al più ha il merito di avercelo fatto ricordare e riscoprire: dei motivi della chiusura e di cosa ne sarà alla fine della mostra si chieda conto a chi lo possiede e/o lo gestisce, al comune o alla sovrintendenza, non certo a chi ci ha organizzato una bellissima mostra.

  2. Parto dalla fine.

    La domanda sul perché un luogo come l’ex cinema Manzoni sia chiuso è evidentemente retorica e come tale senza referente designato. Non credo di dover specificare che ovviamente non è affar della Fondazione, ma del Comune (o chi per lui) decidere del futuro dello spazio. Era un modo come un altro per dire: che peccato.

    L’altra questione è di maggiore interesse.
    Non voglio mascherare le mie mancanze, come tutti conosco alcune cose e altre meno. Ma credo che forse proprio perché Nothing ha una lunga storia espositiva in questo contesto possa essere fuori luogo, o poco incisiva. (Potremmo poi discutere se sia considerabile la storia espositiva nei parametri che determinano l’importanza di un’opera).
    Per quanto riguarda la questione della scarsa tecnica se leggi bene mi riferisco ad un video in particolare la cui visione è notevolmente mutilata dalla proiezione. Per quel che si vede il trattamento delle immagini è tecnologicamente antiquato e di scarso impatto, il richiamo ai video anni 80 è voluto dall’artista e io non capisco nulla? Può essere.

    Nell’articolo il mio intento era raccontare i difetti della mostra, non dell’artista in se. La questione del ritiro un escamotage giornalistico e allo stesso tempo una citazione di ciò che l’artista stessa ha dichiarato in un’intervista e io mi son permessa di assecondarla. Concludendo la stessa Rist ha anche dichiarato che inizialmente non voleva fare questa mostra perché era presa da altri progetti, alla fine Gioni è riuscita a convincerla perché lo spazio era disponibile solo in questo momento. E ancora, è stato Gioni a proporre la scelta delle opere all’artista. Questi fatti mi fanno pensare di aver ragione non considerare questa mostra poco riuscita.

    Tu invece la difinisci bellissima, mi farebbe molto piacere se mi raccontassi il tuo punto di vista.

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