Un’inconsueto connubio tra arte e giustizia sociale alla Nomas Foundation

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Archivio o Fondazione? E’ questa la domanda che lo spettatore si pone varcando la soglia della Nomas Foundation di Roma, nelle cui sale espositive si respira un’inconsueta atmosfera crepuscolare emanata da The Veterans Book Project. Non tele appese al muro ma sedie e scrivanie su cui sono adagiate lampade da tavolo, penne e libri. Ideatrice di tutto ciò è Monica Haller (Minneapolis, 1980), artista visiva laureata in Processi di Pace e Studi sui Conflitti presso il College of St. Benedict. Dopo aver frequentato un Master in Arti Visive presso il Minneapolis College of Art and Design, l’americana ha deciso di concentrare la sua ricerca sul tema della giustizia sociale.

La mostra, a cura di Stefano Chiodi, consiste nella realizzazione di una Biblioteca ovvero una raccolta di trenta testi prodotti in collaborazione con i veterani USA delle guerre in Iraq e in Afganistan, i loro familiari e semplici civili. Esemplare è il racconto di una donna irachena che ha perso le gambe a causa di un missile atterrato ‘per sbaglio’ nel suo letto. Sono loro i veri protagonisti, coloro che narrano un vissuto terribile, fatto di tragedie e traumi incancellabili. Nel corso di un anno si sono svolti otto workshop durante i quali la statunitense, oltre a svolgere i compiti di redattrice e grafica (raccogliendo le testimonianze, indirizzando e aiutando gli ‘scrittori’ nell’editing), ha conosciuto in prima persona le vittime di tali ingiustizie e ha ascoltato le loro esperienze disumane diventandone una teste. Nascono, così, volumi pensati come stratificazioni di indescrivibili sensazioni rese tangibili attraverso un perfetto collage di lettere, fotografie, e-mail e annotazioni impresse nei loro diari personali.

Lo scopo dell’opera è ricordare l’esistenza di questi drammi troppo spesso dimenticati dalla comunità internazionale. La scelta di diffondere tale problematica tramite la redazione di libri, veicoli di storia e memorie passate e presenti, è in netta contrapposizione con le peculiarità del XXI secolo, contrassegnato dall’onnipresenza della tecnologia e dalla voracità di utenti capaci di ingurgitare qualsiasi tipo di informazione, ignorandone provenienza e attendibilità. Un contrasto voluto, per dare l’opportunità al fruitore di fermarsi, di sedersi per qualche minuto al fine di assaporare il sapore acre dei conflitti che ancora oggi sussistono, attuando un dialogo diretto tra autore e lettore. Informazioni veraci che fanno riflettere su ciò che realmente accade.

Grazie alla presenza di piccoli taccuini, si ha anche la possibilità di prendere appunti e/o scarabocchiare le impressioni suscitate dall’insolito allestimento. Scrivere, infatti, significa esprimere, comunicare, liberare un flusso di parole imprigionate nella mente dando vita ad un linguaggio unico, in quanto soggettivo. Il formato cartaceo è, quindi, solo l’incipit da cui potranno scaturire nuove ricerche e discussioni. Monica è per questi individui, una sorta di ‘Mentore’ ovvero una guida a cui affidarsi, aggrapparsi ed emanciparsi da un passato incancellabile.

 

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