Short stories 10 – In to the surface

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CHI: Aaron Bobrow (San Francisco – 1985), Heather Cook (Dallas – 1980), N. Dash (Miami Beach – 1980), Alex Dordoy (Newcastle – 1985), Leo Gabin (collettivo nato a Ghent, Belgio nel 2000), Andrew Gbur (Lancaster – 1984), David Hominal (Losanna – 1976), Erik Lindman (New York – 1985), Nazafarin Lotfi (Mashad – 1984),  Joseph Montgomery (Northampton – 1979), Oscar Murillo (Colombia – 1986), Hugh Scott-Douglas (Canada – 1988), Dan Shaw-Town (Huddersfield – 1983), Ben Schumacher (Canada – 1985), Nick Van Woert (Reno – 1979), Ned Vena (Boston – 1982), Phil Wagner (Chicago – 1974), Lisa Williamson (Chicago – 1977).

DOVE: Brand New Gallery – Milano

QUANDO: 12 gennaio – 23 febbraio 2012

COSA: Siamo di fronte ad una collettiva affollata, la galleria dispone certo dello spazio adatto per cui ogni opera ha un discreto respiro, ma di certo diciotto artisti non sono pochi da assimilare e si rischia la dispersione delle informazioni. Siamo di fronte dunque ad una galleria che privilegia l’aspetto curatoriale e corale, piuttosto puntare su un solo nome alla volta. Nel complesso una mostra decisamente piacevole: il tema scelto, la superficie come terreno di ricerca, permette varietà di approci e stili. Accontenta un po’ tutti, amanti del razionale o della streat art, dell’arte povera o della op art, e prova a tracciare un percorso nelle tendenze dell’arte contemporanea pià giovane. Un’età media piuttosto bassa e la provenienza prevalentemente d’oltre oceano spiegano questo impastarsi di stili e colori, l’amore per il lavoro manuale e atmosfere un po’ fumose. Incuriosiscono e la maggior parte è di dimensione perfetta per la parete di casa.

PERCHÈ: Lo spirito delle nuove generazioni è diviso tra tradizione e innovazione e l’ibrido che ne nasce è sicramente da conoscere per il futuro, poi ognuno potrà scegliere la strada che preferisce. Con Ned Vena si torna ai giochi prospettici optical, ma grazie ad un lavoro certosino con cui il vinile viene incollato su lastre di alluminio. Un bassorilievo lieve ed ipnotico. Hugh Scott-Douglas invece recupera la tecnica del cianotipo, una stampa fotografica in cui viene utilizzato il Blu di Persia, creando moderni monocromi sfumati. D’altronde non è più tempo del colore puro. Nazafarin Lotfi, moderna Rauschemberg, alterna sulla tela ritagli di carta, con graffette, nastro adesivo, filo da pesca, ma sulle sue tele il bianco e il nero spadroneggiano. Dan Shaw-Town invece trasporta su carta le geometrie di Carl Andre, un uso della grafite strabiliante. Infine N. Dash col suo approccio sciamanico, sceglie il pigmento indaco per colorare la stoffa, ma ciò che colpisce è la proprietà scultore della stoffa sospesa.

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