Il cemento della memoria nell’opera di Lukáš Machalický

“Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente, controlla il passato” G. Orwell

Come preannunciato qualche settimana fa, il 18 maggio inaugura il secondo appuntamento mensile del MLAC di Roma. Questa volta tocca a Lukáš Machalický, secondo artista ceco della rassegna Czech Point a cura di Alessandra Troncone, occupare il piano inferiore del museo con un evento intitolato To my left, to my right e che sarà visitabile fino al 27 maggio 2011. Il lavoro di Machalický verte sull’analisi trans-storica degli eventi che hanno caratterizzato la fase del regime comunista nell’ex Cecoslovacchia. Trattandosi di un giovane artista, non ci sorprende il fatto che il punto di vista attraverso cui si dispiega questa analisi sia quello che passa attraverso le dinamiche della memoria. Come facciamo esperienza di questi avvenimenti pur non avendoli vissuti direttamente?

In Grey zone (2010), Lukáš ci presenta una serie di documenti relativi ad atti di contro-spionaggio attuato dai servizi segreti durante il regime. Questi documenti, resi noti successivamente in internet, sono ora visionabili con delle evidenti cancellature in cui vengono occultati i nomi e le referenze dei protagonisti di questi atti. Tale omissione diventa per l’artista mezzo formale il cui profilo costituisce i blocchi di calcestruzzo (materiale tipico delle costruzioni del regime) che l’artista dispone sul tavolo mettendo in risalto la durezza e l’asetticità di un materiale contro cui si scontrano le ambizioni e le aspettative di un’umanità schiacciata sotto il peso di un sistema appiattente e incontrovertibile.

Matteo Fato [Autoritratto (1)]

Il ciclo espositivo Lithium 1 prosegue con la mostra personale di Matteo Fato (Pescara, 1979; vive e lavora a Pescara), a cura di Alessandra Troncone, dal titolo [Autoritratto (1)]

La ricerca di Matteo Fato si presenta come una sperimentazione continua, che si avvale di mezzi espressivi di volta in volta differenti. I lavori dell’artista rivelano un’attenzione per il segno (da quello pittorico a quello linguistico) e, in particolare, per il rapporto tra disegno e parola / parola e immagine che si traduce poi in un dialogo sempre fertile tra tradizione e innovazione.
In quest’occasione Fato presenta Autoritratto (1), un lavoro realizzato nel 2006 che contamina il disegno con le possibilità offerte dalle tecnologie digitali, in particolare il video. Quest’ultimo viene concepito come estensione dell’originaria vocazione pittorica; le immagini, realizzate in digitale su tavoletta grafica, si animano nel loro succedersi, raccontando lo svolgersi di una qualsiasi giornata.

Psicogeografia e appunti di viaggio: Valerio Ricci e Jan Pfeiffer al MLAC

Maggio è un  mese particolarmente prolifico per il MLAC di Roma che ospiterà ben tre mostre dal respiro internazionale curate da Alessandra Troncone. Le tre personali si divideranno in due eventi. Nel primo, che verrà inaugurato il 4 maggio, la caratteristica struttura  del museo sviluppato su due piani, consentirà di ospitare contemporaneamente due mostre distinte. Al piano superiore la personale di Valerio Ricci intitolata Sŏul che si protrarrà fino a fine mese; il piano inferiore sarà invece riservato al ciclo espositivo Czech Point, che vede protagonisti due artisti cechi Jan Pfeiffer e Lukáš Machalický. Pfeiffer sarà il primo ad occupare gli spazi del museo fino al 15 maggio e successivamente sarà la volta di Machalický il cui lavoro sarà presentato il 18 maggio.

Gli Itinerari inconsapevoli di Elena Arzuffi per Lithium project

Continua il ciclo espositivo Lithium presso la NOTgallery di Napoli che si prefigge di presentare le ultime esperienze nel campo della video-animazione d’autore. Questa volta, è il lavoro dell’artista bergamasca Elena Arzuffi a far da protagonista di  una personale, a cura di Alessandra Troncone che si terrà dal 21 aprile al 5 maggio.

I suoi Itinerari inconsapevoli si dispiegano in un universo frammentario in cui fotografia e disegno si avvicendano come elementi fondativi della narrazione. Tale peculiarità formale appare uno degli aspetti più interessanti del lavoro dell’artista; l’immagine fotografica, che appare sotto forma di frammento, di suggestione mnemonica, va gradualmente dissolvendosi per lasciar spazio al segno, un segno che potremmo definire sensibile, come filtro percettivo attraverso cui l’artista propone i suoi personali itinerari. Ma questo mix di medium non è l’unico elemento rilevante, non lo sarebbe almeno se non sottolineasse un processo narrativo complesso. Un’esperienza che per sua natura si presta ad essere assimilata e tradotta nella sensibilità altrui.