Negli anni ’30, il noto romanziere André Gide raccomandava, persino ai manipolatori Surrealisti, la conoscenza della geografia prima di intraprendere qualsivoglia attività artistica. Sin dalla seconda metà degli anni ’80, l’esperienza artistica di Luca Vitone si è concentrata essenzialmente sull’idea, e insieme la pratica, di luogo. In questo caso il luogo assume un duplice significato: quello di immagine geografica storico-culturale e di individuazione di spazio concreto. Nel corso degli anni, dunque, Luca Vitone ha fatto sua questa attitudine modernista coniugando la figura romantica dell’esploratore alla analisi e all’ironia concettuale.
Il suo lavoro, originale non solo nel panorama artistico italiano ma anche in quello internazionale, esplora così il modo in cui i luoghi si soggettivizzano attraverso la produzione culturale: l’arte, la cartografia, la musica, il cibo, l’architettura, le associazioni politiche e le minoranze etniche. L’artista, in questo suo continuo ripensare la geografia, ricostruisce (produce) un soggetto – un territorio o un paesaggio – inventando persino percorsi dimenticati e memorie, offrendo uno spazio misurabile e visibile ai soggetti autonomi e individuali prodotti dall’immaginazione creatrice. Accanto, nel senso spaziale e metonimico, a questa personale ricerca geografica, Luca Vitone ha avviato, da circa un decennio, una altrettanto originale e differente riflessione sulla natura del monocromo (emblema ma anche bersaglio telelogico dell’arte di avanguardia del ‘900).