Omaggio a Lorenzo Lotto. I dipinti dell’Ermitage alle Gallerie dell’Accademia

Apre a Venezia il 24 novembre la mostra Omaggio a Lorenzo Lotto. I dipinti dell’Ermitage alle Gallerie dell’Accademia che nasce dall’eccezionale prestito concesso dal museo di San Pietroburgo alle gallerie veneziane di due dipinti raramente – o mai – prima visti in Italia: il Doppio ritratto di coniugi e la Madonna col Bambino ed angeli.

La mostra, promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano, offre un percorso ricco e composito che pone in dialogo le due opere, rispettivamente degli anni Venti e degli anni Quaranta del ‘500, con altri dipinti lotteschi provenienti da musei europei e dalla collezione delle Gallerie dell’Accademia. L’itinerario della mostra, curata da Matteo Ceriana, comprende inoltre dipinti e sculture coeve derivate da opere del maestro veneziano e documenti che contribuiscono a crearne il contesto storico artistico.

Lorenzo Lotto alle Scuderie del Quirinale di Roma

Nel 1509 giunge a Roma, chiamato da papa Giulio II, il talentuoso ma schivo trentenne Lorenzo Lotto. Si è lasciato alle spalle la tranquilla provincia veneta e marchigiana per il grande cantiere del classicismo rinascimentale in cui erano attivi i lombardi Bramante, Bramantino e Cesare da Sesto, i senesi Sodoma e Domenico Beccafumi, l’eccelso Michelangelo e, soprattutto, Raffaello con i suoi allievi, a fianco del quale il veneziano avrebbe dovuto lavorare.

Dopo neppure un anno, però, colui che si racconterà sessantaduenne “solo, senza fedel governo e molto inquieto nella mente”, abbandonerà ogni incarico, riprendendo quel vagabondare che lo condurrà all’emarginazione, subita in parte, in parte provocata, fino a spegnersi da padre oblato nella Santa Casa di Loreto, nelle Marche. La grande impresa vaticana, intanto, era stata affidata per intero alla responsabilità di Raffaello.

Sgarbi senza freni: “Gastronomia e Fausto Pirandello alla Biennale 2011”

Per il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia edizione 2009 il Ministero per i Beni Culturali (e con lui anche tutti i contribuenti) sborsò circa 800.000 euro. Una cifra piuttosto alta che alla luce dei fatti non è riuscita a “comprare” il consenso della critica. Va detto che con molti meno soldi, altre nazioni presenti a quell’edizione sono riuscite a metter in piedi cose ben più esaltanti. Se vi stavate chiedendo di quanti soldi avrà bisogno Vittorio Sgarbi per il Padiglione Italia 2011 sedetevi e prendetevi una camomilla.

Già perchè il Vittorione Nazionale ha già chiesto circa un milione e mezzo di euro al Ministero per i Beni Culturali e come se questo non bastasse ha rilasciato alcune sbalorditive dichiarazioni presenti sulle pagine de Il Tempo di ieri: ” Voglio un Padiglione ecumenico, democratico, disseminato in tutta Italia e capace di dare voce all’esistente, contro il dominio del mercato e della mafia che controlla l’attuale sistema dell’arte contemporanea.

Jan Vermeer ed altri maestri di rinascimento baravano usando il proiettore. Ma sarà vero?

Non è mistero che i grandi maestri del passato fossero avvezzi all’uso di ingegnosi marchingegni ed espedienti per realizzare i loro capolavori. Tecniche come quella dello spolvero permettevano di accorciare tempi di esecuzione ed accentuare la precisione dei soggetti ritratti. Oggi però un’altra teoria, a dir poco ardita, potrebbe svelare alcuni retroscena sulle abilità tecniche e formali dei geni dalla pittura del rinascimento. La teoria è stata già avanzata nel 2000 dal celebre artista inglese David Hockney ed oggi alcuni studi condotti assieme allo scienziato Charles Falco della Università dell’Arizona, hanno portato ad una conclusione: I maestri del Rinascimento dipingevano unicamente proiettando le immagini direttamente sulla superficie da dipingere (mediante un’avanzata camera oscura) un poco come fanno molti artisti contemporanei con i proiettori digitali o con gli episcopi.

Ovviamente si tratta di una teoria tutta da confermare ma se fosse vera ci troveremmo di fronte ad una scoperta sensazionale: anche gli infallibili maestri baravano, usando gli “aiutini” e non tracciando il segno a mano libera. Hockney e Falco hanno dichiarato di aver scoperto un documento risalente al 1650 dove un gesuita tedesco, tale Athanasius Kircher, descrive minuziosamente un oggetto posseduto dal pittore Jan Vermeer, una specie di marchingegno capace di proiettare le immagini sulla tela.