Felix Gonzalez-Torres ispira la Istanbul Biennial 2011

Carlos Herrera

Le Biennali come molti di voi sapranno ruotano attorno ad un tema principale, un appiglio che ogni buon curatore utilizza come nastro di partenza da cui partono sia le manifestazioni creative degli artisti sia l’allestimento dell’evento. Solitamente questo appiglio si sviluppa partendo da temi filosofici o sociali, basti pensare ad ILLUMInazioni – ILLUMInations di Bice Curiger o a Fare mondi- Making Worlds di Daniel Birnbaum, tanto per restare dalle parti della Biennale di Venezia.

A volte però capita che lo spunto scelto dal curatore di turno sia un artista, un personaggio talmente ispirato e seminale da influenzare intere schiere di artisti ed eventi. I curatori Jens Hoffmann e Adriano Pedrosa hanno appunto pensato ad un artista quando hanno deciso di sviluppare il tema principale della loro Istanbul Biennial 2011, apertasi lo scorso 17 settembre (in visione fino al prossimo 13 novembre 2011). L’artista in questione è il grande Felix Gonzalez-Torres, raffinato e poetico artefice di creazioni artistiche spesso destinate ad esaurirsi per mano dello spettatore alla stregua del ciclo vitale dell’uomo. 

Apre a Roma Furini Arte Contemporanea con la mostra di Marlon De Azambuja

Il 30 settembre si inaugura il nuovo spazio romano di Furini Arte Contemporanea con una mostra personale di Marlon De Azambuja (nato nel 1978 a Santo Antônio da Patrulha – Brasile, vive e lavora a Madrid), artista brasiliano che intende stabilire un nesso poetico con il Movimento Concreto che è stato la più importante tendenza culturale in Brasile in arte, letteratura, musica e architettura, basata sull’idea del “concreto in movimento”, che racchiude in sé la sintesi di un’identità complessa e aperta dove l’ambiente è protagonista ed è inteso sia come luogo psicologico che fisico.

In questa sua prima personale italiana curata da Antonio Arèvalo, Marlon utilizza dei raggruppamenti di lavori che dialogano, ma che allo stesso tempo sono diversi fra loro, in quanto ritiene indispensabile la complessità di approfondimento per poter capire l’origine della ricerca. In questo senso si parla del lavoro di un artista brasiliano, come brasiliana è l’utopica Brasilia costruita da Niemayer, è la Poesia Concreta, lo sono da Lygia Clark a Helio Oiticica, da Lygia Pape a Cildo Meireles, da Tunga a Miguel Rio Branco.

Biennale di Venezia, act one

Sulla 53esima Biennale di Venezia si è scritto molto durante gli scorsi giorni. Dure parole di critica sono piovute ovunque e la stampa italiana non si è lasciata scappare l’occasione di stroncare l’operato di Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli in più occasioni. Globartmag ha visitato la biennale durante i giorni dell’inaugurazione ed in tutto questo vespaio ha comunque trovato qualcosa di buono. Solamente di questo oggi si vuole parlare, abbandonando ogni inutile polemica e cercando una seppur flebile luce che getta nuove speranze sul mondo dell’arte italiana ed internazionale.

Parlando del famigerato padiglione italiano ci è piaciuta l’installazione di Bertozzi&Casoni, una sorta di richiamo a Joseph Cornell dal respiro internazionale che restituisce dignità all’invisa tecnica della ceramica ed affascina per il contrito dolore dei soggetti rappresentati all’interno di numerose cassette di pronto soccorso. Bello anche il video dei Masbedo, a detta di molti troppo patinato ma la cura dell’immagine e della fotografia non possono e non devono essere una penalità altrimenti anche l’ultima decade di Bill Viola dovrebbe esser aspramente criticata. Il duo artistico ha presentato un’interessante opera su due canali: da una parte un uomo trainato a terra da un paracadute che da mezzo salvifico diventa una zavorra, dall’altra una donna intenta a rimanere a galla mentre una miriade di oggetti che ella tenta disperatamente di trattenere legati assieme la ricaccia costantemente fra i flutti marini. E’ questa una metafora sul peso delle nostre relazioni interpersonali, sulla memoria di storie, cose e persone che tornano ogni giorno a visitare le nostre menti assieme agli oggetti che invadono la nostra vita quotidiana. Tutto questo non riesce a liberare i nostri animi condannandoci ad indietreggiare continuamente, a reiterare gesti ed azioni.