Biennale di Venezia, act one

di Redazione Commenta

Sulla 53esima Biennale di Venezia si è scritto molto durante gli scorsi giorni. Dure parole di critica sono piovute ovunque e la stampa italiana non si è lasciata scappare l’occasione di stroncare l’operato di Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli in più occasioni. Globartmag ha visitato la biennale durante i giorni dell’inaugurazione ed in tutto questo vespaio ha comunque trovato qualcosa di buono. Solamente di questo oggi si vuole parlare, abbandonando ogni inutile polemica e cercando una seppur flebile luce che getta nuove speranze sul mondo dell’arte italiana ed internazionale.

Parlando del famigerato padiglione italiano ci è piaciuta l’installazione di Bertozzi&Casoni, una sorta di richiamo a Joseph Cornell dal respiro internazionale che restituisce dignità all’invisa tecnica della ceramica ed affascina per il contrito dolore dei soggetti rappresentati all’interno di numerose cassette di pronto soccorso. Bello anche il video dei Masbedo, a detta di molti troppo patinato ma la cura dell’immagine e della fotografia non possono e non devono essere una penalità altrimenti anche l’ultima decade di Bill Viola dovrebbe esser aspramente criticata. Il duo artistico ha presentato un’interessante opera su due canali: da una parte un uomo trainato a terra da un paracadute che da mezzo salvifico diventa una zavorra, dall’altra una donna intenta a rimanere a galla mentre una miriade di oggetti che ella tenta disperatamente di trattenere legati assieme la ricaccia costantemente fra i flutti marini. E’ questa una metafora sul peso delle nostre relazioni interpersonali, sulla memoria di storie, cose e persone che tornano ogni giorno a visitare le nostre menti assieme agli oggetti che invadono la nostra vita quotidiana. Tutto questo non riesce a liberare i nostri animi condannandoci ad indietreggiare continuamente, a reiterare gesti ed azioni.

Chiusa parentesi Italia parliamo di Fare Mondi: Daniel Birnbaum non ci è sembrato poi così male, in questa edizione la direzione curatoriale ha abbandonato i concetti di guerra e violenza affrontati da Robert Storr nel 2007 puntando su di uno stravagante ma allegro mix di culture e forme che seppur nella sua confusione e nella sua disomogenea offerta di tecniche e colori ha in certi casi divertito e stupito gli astanti presentando una veste rigorosa ai Giardini ed una creatività fantastica a dir poco sfrenata nelle Corderie dell’Arsenale. Sopra le righe la palude di Lara Favaretto e gli specchi (questa volta rotti) di Michelangelo Pistoletto.

Interessante anche Dominique Gonzalez-Foerster che nel suo lavoro descrive la storia di un’artista che tenta per cinque volte di partecipare alla Biennale di Venezia. Degne di nota le opere di artisti storici come Blinky Palermo e Lygia Pape con il suo meraviglioso e fiabesco intreccio di fili d’oro. Per quanto riguarda gli intrecci, sicuramente la tela di ragno tessuta da Tomas Saraceno detiene un potente fascino,  meraviglioso il perdersi all’interno di essa. Fantastica e sorprendente anche l’installazione di Chu Yun che assembla in una sala buia una miriade di elettrodomestici i quali accendono lo spazio con le loro lucine colorate somiglianti ad un manto di stelle elettroniche.

Photo Copyright: Tomas Saraceno

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