ZimmerFrei – campo | largo

Per la sua prima mostra in uno spazio museale, ZimmerFrei presenta un gruppo di opere appositamente realizzate per il MAMbo di Bologna e una selezione di lavori che testimoniano la multiforme attività del gruppo formato nel 2000 da Massimo Carozzi, Anna de Manincor e Anna Rispoli. Dal 27 maggio video, installazioni, ambienti sonori, fotografie, dispositivi ottici e luminosi compongono le tappe di un’esplorazione del paesaggio naturale, della città – dai centri storici alle periferie – e dell’universo sociale contemporaneo in cui vengono individuati di volta in volta luoghi, immagini, narrazioni, tonalità emotive inattese.

ZimmerFrei si immerge nel presente per portarne in luce la complessità, le zone d’ombra, le stratificazioni di tempi e spazi, le storie e la potenza simbolica che lo abitano. La mostra è annunciata all’esterno da un’insegna al neon che gioca sul nome del gruppo (“stanze libere” in tedesco): un invito alla scoperta, grazie a uno spioncino che consente agli spettatori di sbirciare dentro il museo. All’ingresso, quattro monitor trasmettono altrettanti video della serie Panorama: Roma, Bologna, Atene, Harburg, sono le città di cui le immagini ci offrono una visione inconsueta e suggestiva, grazie al particolare metodo di ripresa time-lapse col quale è possibile “comprimere” in pochi minuti un’intera giornata.

Tutto il mondo è paese, polemiche sui premi anche in Russia

Sembrerebbe che premi e concorsi artistici siano fonti di accesi dibattiti e polemiche, la scorsa vicenda del Premio Cairo è solamente la punta dell’iceberg visto che anche in altre metropoli del globo gli effetti prodotti da tali manifestazioni creative sono più o meno gli stessi.

La scorsa settimana sono stati annunciati i vincitori del Kandinsky Prize, manifestazione russa che nella precedente edizione aveva scatenato le ire del pubblico, la premiazione a Mosca dell’edizione 2009 si è conclusa in modo pacifico ma non senza qualche critica. Lo scorso anno il premio è finito sotto accusa per aver ammesso alle selezioni finali l’artista Alexey Belyaev-Gintovt, fervente supporter di Putin, cosa ancor più grave è che l’artista ha vinto il premio. Un guerra al premio è stata quindi aperta dal curatore e critico Ekaterina Degot (nota per le sue simpatie di sinistra) responsabile della rubrica di arte e cultura del sito web OpenSpace.

Gerhard Richter alla Fundación Telefónica

Dal 4 giugno al 30 agosto la Fundación Telefónica di Madrid presenta una mostra personale di uno dei più grandi artisti contemporanei della scena internazionale. L’evento dal titolo Gerhard Richter: fotografias pintadas (fotografie dipinte) propone al pubblico più di 300 fotografie con interventi materici provenienti dall’album personale dell’artista tedesco classe 1932.

La mostra include inoltre immagini provenienti da collezioni private con opere dal 1989 ai nostri giorni. Gerhard Richter è considerato uno degli artisti più influenti di tutti i tempi. Egli non si è mai limitato ad un singolo stile, la sua varia produzione include sculture e dipinti che vanno dal paesaggio alla totale astrazione cromatica passando per il monocromo. Nella presente mostra si vuole indagare il fruttifero dialogo di Richter con la fotografia e la pittura. Le immagini di piccolo formato derivano dai molti viaggi compiuti dall’artista o dalla sua vita privata. L’artista ha selezionato le fotografie prive di specificità o sfocate, togliendole dal suo album e intervenendo sopra di esse con vernice ed altri media, creando così una nuova forma di immagini.

Biennale di Venezia, act one

Sulla 53esima Biennale di Venezia si è scritto molto durante gli scorsi giorni. Dure parole di critica sono piovute ovunque e la stampa italiana non si è lasciata scappare l’occasione di stroncare l’operato di Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli in più occasioni. Globartmag ha visitato la biennale durante i giorni dell’inaugurazione ed in tutto questo vespaio ha comunque trovato qualcosa di buono. Solamente di questo oggi si vuole parlare, abbandonando ogni inutile polemica e cercando una seppur flebile luce che getta nuove speranze sul mondo dell’arte italiana ed internazionale.

Parlando del famigerato padiglione italiano ci è piaciuta l’installazione di Bertozzi&Casoni, una sorta di richiamo a Joseph Cornell dal respiro internazionale che restituisce dignità all’invisa tecnica della ceramica ed affascina per il contrito dolore dei soggetti rappresentati all’interno di numerose cassette di pronto soccorso. Bello anche il video dei Masbedo, a detta di molti troppo patinato ma la cura dell’immagine e della fotografia non possono e non devono essere una penalità altrimenti anche l’ultima decade di Bill Viola dovrebbe esser aspramente criticata. Il duo artistico ha presentato un’interessante opera su due canali: da una parte un uomo trainato a terra da un paracadute che da mezzo salvifico diventa una zavorra, dall’altra una donna intenta a rimanere a galla mentre una miriade di oggetti che ella tenta disperatamente di trattenere legati assieme la ricaccia costantemente fra i flutti marini. E’ questa una metafora sul peso delle nostre relazioni interpersonali, sulla memoria di storie, cose e persone che tornano ogni giorno a visitare le nostre menti assieme agli oggetti che invadono la nostra vita quotidiana. Tutto questo non riesce a liberare i nostri animi condannandoci ad indietreggiare continuamente, a reiterare gesti ed azioni.

Un’americana a Roma

 Lo Studio Stefania Miscetti presenta il 21 maggio BLUE un nuovo lavoro dell’artista statunitense Nancy Spero (Cleveland, 1926) realizzato appositamente per lo spazio della galleria, dopo le precedenti mostre personali del 1991 e del 1996.

Co-fondatrice nel 1972 del gruppo AIR- Artists in Residence, prima galleria di New York gestita da sole donne, Spero appartiene alla prima generazione di artiste americane vicine al movimento femminista. La sua ricerca si è sempre indirizzata verso la costruzione di una soggettività nuova, credendo come lei stessa affermerà più volte, che: “la storia non è fissa ma mutevole, aperta all’interpretazione, e continua a vivere accumulando nuovi significati. Si tratta quindi di un’idea molto sovversiva poiché significa che la storia può essere cambiata, che i rapporti di potere possono essere rovesciati per il fatto che scegliamo di ricordare ciò che alcuni possano ritenere sia meglio dimenticare. Questa è la prerogativa dell’artista”.