Leggendo il recente saggio di Michael Hardt e Toni Negri, Comune (2009), col quale si conclude la trilogia aperta da Impero (2000) e proseguita con Moltitudine (2004), ci si imbatte, ad un tratto, in un vero e proprio inno all’amore, fondato sulla necessità della sua rivalutazione concettuale nell’ambito della teoria politica, del discorso filosofico e persino della scienza economica e ciò malgrado i due autori sappiano «ormai bene che questo termine mette a disagio molti lettori», alcuni dei quali «si rigirano nervosamente sulle loro sedie», mentre «altri alzano le spalle con aria di superiorità» e che gli stessi filosofi, teorici politici ed economisti che spesso, pur senza accantonare «il loro algido rigore intellettuale», parlano d’amore sono così inibiti da precludersi la possibilità di fornirci importanti insegnamenti.
«L’amore», si spingono persino a dichiarare, quasi riecheggiando il San Paolo della Prima lettera ai Corinzi, «è il cuore pulsante del programma che abbiamo sviluppato fino a questo punto senza il quale il resto sarebbe un ammasso senza vita». Posseduti dall’amore, intende costituire un primo passo in vista di un’esplorazione plurilinguistica e pluridisciplinare del legame esistente tra potenza dell’amore e prodursi dell’arte; sull’amore come principio costituente della creazione artistica, così come sull’arte costituita dalla pratica amorosa.