La quarta personale di Robert Barry (New York, 1936) alla Galleria Massimo Minini (Inaugurazione sabato 17 marzo) riassume alcune tipologie di lavori che l’artista ha sperimentato durante gli anni della sua lunga esperienza nel mondo dell’arte. Come il titolo suggerisce sono presenti lavori vecchi e nuovi, realizzati con dimensioni e media diversi, sempre coerenti con la linea di ricerca intrapresa dall’artista negli anni Sessanta.
Dopo aver iniziato la sua carriera con quadri minimalisti che esplorano la relazione tra spazio dipinto e spazio vuoto, tra assenza e presenza di forma, sull’onda della pittura minimalista del periodo, Barry ha proseguito la sua sperimentazione portando l’arte al limite dell’immaterialità. Dalle opere su tela passa infatti alla delimitazione di porzioni di spazio esterno con fili di nylon, alla chiusura delle gallerie durante il periodo delle sue mostre, in modo da lasciare immaginare allo spettatore il significato e la forma delle opere, alla realizzazione di opere con gas, materiali radioattivi o frequenze acustiche non udibili all’uomo. A questo periodo risale anche il “Telepathic Piece” (1969), un’opera puramente mentale attraverso la quale l’artista cerca di trasmettere agli spettatori pensieri non traducibili in immagini o parole. Dall’inizio degli anni Settanta inizia la sperimentazione sul linguaggio come mezzo per analizzare la struttura dell’arte. Sceglie così parole e parti di testo che continuamente allargano i parametri di significato del lavoro. Le parole, liberate dal loro contesto sintattico, hanno sempre un significato aperto, non sono loro stesse arte ma rimandano sempre a concetti più ampi, generici, lontani dall’ottenere un rimando ad un oggetto specifico.
Different Times Different Works presenta nella prima stanza della galleria una Word List e alcune tele con parole dipinte, che sembrano unire gli esordi pittorici con la successiva fase di ricerca sul linguaggio. I vetri e gli specchi della seconda stanza sono un’evoluzione del lavoro e testimonianza della sua continua indagine e apertura verso nuovi supporti, mentre alcuni preziosi Statements degli anni Settanta spostano l’attenzione dall’oggetto d’arte al concetto, e si chiedono cosa sia l’arte attraverso una serie di affermazioni o negazioni che mai ne precisano il significato. Nella quarta stanza il Floorpiece Cobalt Blue è un’analisi del linguaggio in relazione allo spazio, così come il Window Piece, realizzato sulle vetrate degli uffici al primo piano. Come a voler far uscire l’arte dal contesto della galleria, dallo spazio, dal tempo.