Un brandello di porta con la toppa. Un buco di una serratura da cui guardare o spiare. È così che l’opera di Roxy in the box si presenta al pubblico. Ma è proprio questa (apparente) semplicità che cozza col contesto e col titolo stesso del lavoro. Perché l’opera era esposta nella mostra Achtung! Achtung! (svoltasi a Roma – Ex Gil, 13 -27 gennaio 2011 organizzata in occasione della ricorrenza della Giornata della Memoria) e il titolo è Olocausto.
Appositamente realizzata per quella mostra, l’installazione si completa solo con l’interazione del pubblico. “Quando la curatrice Micol Di Veroli –spiega l’artista– mi ha invitata a partecipare alla mostra, quello che immediatamente ho sentito è stato un pezzo di porta strappata, come un pezzo strappato dal cuore dell’umanità. Impossibile guardarlo in faccia, si può solo spiare attraverso il buco della serratura, perché questa visione diluita è il corrispettivo della memoria che si disgrega”. Facendo leva sull’innato istinto voyeuristico dell’uomo (istinto cui molti artisti hanno sollecitato e documentato, a mero titolo esemplificativo, Étant donnés: 1° la chute d’eau / 2° le gaz d’éclairage, 1946-1966, di Marcel Duchamp e Bruxelles, Belgio, 1932, di Henri Cartier-Bresson), solo guardando attraverso quel buco, infatti, il lavoro si rivela nella sua interezza.