Phillips de Pury si vende le opere di Damien Hirst a metà

Damien Hirst e Phillips de Pury hanno litigato, non si è trattato di una vera e propria rissa ma di un diverbio ben pesante, visto che la celebre casa d’aste è stata incolpata di aver venduto alcune opere incomplete prodotte dall’artista, ma andiamo per gradi. Nel 2002 Hirst produsse una serie di spin paintings dal titolo In a Spin, The Action of The World on Things, la serie in questione consisteva in alcune scatole, ognuna contenente un singolo dipinto ed ben 23 stampe numerate ed autografate dall’artista.

Ebbene, all’ultima asta organizzata da Phillips de Pury il dipinto è stato venduto indipendentemente dalle stampe, un poco come fanno quei commercianti che si vendono a parte il campioncino di shampoo allegato al bagnoschiuma, quello con su scritto “non vendibile separatamente” per intenderci. Morale della favola, la casa d’aste è riuscita a racimolare ben 73.250 sterline nel 2009 dalle vendite dei dipinti singoli e lo scorso giugno ha ceduto un altro dipinto della serie per circa 51.000 sterline (di cui il 4% di diritto di rivendita spetta all’artista).

Made in Polaroid, Lady Gaga scomoda il mondo dell’arte per il lancio della GL10

Il mondo della fotografia l’attende ormai da diverso tempo ed anche il grande esercito dei nostalgici sparsi per tutto il globo non vede l’ora di averla tra le mani. Stiamo ovviamente parlando della Polaroid GL30, nuovo gioiellino prodotto dal celebre brand americano specializzato in macchine fotografiche istantanee.

Questo nuovo modello dovrebbe presentare le medesime caratteristiche delle mitiche SX70 e simili la cui produzione è cessata ormai da diverso tempo. Ovviamente nell’era del digitale le nuove GL30 saranno dotate di tecnologie al passo con i tempi come il sistema di stampa senza inchiostro denominato Zink, già presente sul famigerato Pogo ed uno zoom digitale. La nuova macchina fa parte di un progetto denominato Grey Label che, come tutti sanno, ha un direttore artistico d’eccezione vale a dire l’eroina del pop Lady Gaga.

ROSS LOVEGROVE – ENDLESS

La Galleria Cardi Black Box di Milano continua il suo percorso nel mondo del design contemporaneo. Dopo la mostra di Mattia Bonetti nel 2010 e quella di Oskar Zieta nel 2011, in occasione del 50esimo anno del Salone del Mobile di Milano, dal 21 Settembre al 1 Ottobre presenta una figura chiave del mondo del design internazionale, Ross Lovegrove.

ENDLESS, prima personale in Italia del designer gallese di fama internazionale, riunisce una serie di opere di fine-art frutto della ricerca personale che Lovegrove sta sviluppando da alcuni anni con la collezione Liquid Collection, già presentata in parte nella mostra Endurance, inaugurata a New York nel 2007 presso Phillips De Pury.

Ancora e-commerce ed arte contemporanea, ma il gioco vale la candela?

Come ben ricorderete Globartmag ha ampiamente trattato il fenomeno Vip Art Fair, prima fiera dell’arte contemporanea interamente sviluppata ed inaugurata sulla piattaforma internet. Ebbene questo primo grande tentativo di spostare il mercato dell’arte su un luogo virtuale (ma con compravendite reali) ha raccolto pareri contrastanti tanto da indurre gli organizzatori a rimborsare le gallerie partecipanti con cospicuo sconto sulla prossima edizione della fiera.

Ovviamente si tratta dei primi passi verso un mondo ancora tutto da scoprire ed è innegabile che, con le dovute cautele, tutti i grandi dealers del mondo guardano al trasbordo su internet del mercato dell’arte come una possibile gallina dalle uova d’oro. Inutile aggiungere quindi che molti attori del mercato stanno attualmente progettando la loro ipotetica conquista del web. Per adesso uno di quelli che ha materialmente già iniziato l’ardua impresa è Alexander Gilkes, vale a dire il direttore del marketing della celebre casa d’aste Phillips de Pury

Quando i talenti emergenti rimangono emergenti per sempre

A volte anche noi esperti del settore ci lasciamo andare a previsioni circa gli andamenti del mercato dell’arte, spesso però queste previsioni vengono largamente smentite dai fatti. Quando si parla di talenti emergenti allora c’è da sbizzarrirsi e qualsiasi curatore, gallerista o altro attore della scena possiede la sua lista personale di bombe pronte ad esplodere. Ognuno ripone molta fiducia sulle sue scelte, forse troppa e sparare nomi a raffica solo per darsi le arie da talent scout non è sempre salutare. Questo meccanismo rischia infatti di porre troppe pressioni su giovani artisti che devono ancora affinare la propria ricerca prima di trasformarsi in veri e propri protagonisti dell’arte contemporanea.

Di meteore negli ultimi anni ne sono volate parecchie e tranne qualche rara eccezione anche i più blasonati talenti vincitori di pluriprestigiosi concorsi sono rimasti in un limbo che spesso e volentieri li vede confinati all’interno della nostra nazione. In sostanza li vedi sempre li, a produrre le loro opere che si risolvono in operazioni documentaristiche spuntate, a vincere l’ennesimo premio o l’ennesima residenza, a farsi chiamare giovani a 45 anni  e a ricevere l’ennesimo articolo su quei magazine nazionali scritti in inglese che fanno molto cool ma grondano autoreferenzialismo a destra e mancina.

Jacob Kassay, nuova star o ennesima meteora dell’arte?

Strane cose succedono nel mondo dell’arte contemporanea. Innanzitutto parliamo di mercato e già questo dovrebbe farvi drizzare l’antenna. In più possiamo aggiungere che  il fatto del giorno è accaduto ad un’asta. Stiamo parlando di un recente evento di mercato tenutosi da Phillips de Pury & Co. di New York. All’asta erano presenti alcuni interessanti lotti ma il nome che più di tutti è riuscito a catalizzare l’attenzione è stato quello di Jacob Kassay. A questo punto vi chiederete chi è costui, ebbene possiamo dirvi che è un giovane di 26 anni, che è nato a Buffalo e che si è laureato nel 2005.

Ebbene da esordiente totale in un ‘asta internazionale, Kassay ha ricevuto una quotazione iniziale di circa 8.000 dollari, chiudendo poi per la sbalorditiva cifra di 86.000 dollari, circa otto volte la quotazione di partenza.

Phillips de Pury e l’asta del sesso

Il sesso vende sempre anche se dobbiamo dire che non vende abbastanza bene come la celebre casa d’aste Phillips de Pury aveva sperato. La grande vendita organizzata la scorsa serata a Londra che presentava opere orientate sul tema del sesso è infatti riuscita a racimolare solo il 69 percento dell’incasso totale sperato. Ovviamente le vendite sono andate piuttosto bene visto che la star della serata è stata l’opera Soft Tread, dipinto ammiccante che raffigura un paio di gambe con tanto di calze creato da Allen Jones che ha raggiunto la ragguardevole cifra di 539.000 dollari contro un valore stimato di circa 120.000 dollari.

In totale gli introiti per la grande casa d’aste hanno raggiunto la cifra di 2.1 milioni di dollari. Tra i lotti degni di nota sono emersi un dipinto senza titolo di Sigmar Polke del 1974 che ha totalizzato circa 130.000 dollari ed una scultura in tre parti intitolata Sex di Jack Pierson del 1992 che ha venduto per circa 108.000 dollari, partendo da una stima di 90.000 dollari. All’asta erano presenti anche alcuni nudi di Helmut Newton, la sua fotografia Berverly Hills Hotel del 1988, raffigurante una donna nuda a gambe aperte sul letto, ha racimolato 45.000 dollari mentre una copia di Cyperwoman 3 (edizione di 500 esemplari del 2000) ha totalizzato 1.900 dollari contro i 1.200 stimati.

Asta tiepida per Simon de Pury

 Mentre le aste serali di Christie’s e Sotheby’s hanno ultimamente registrato cifre multi-milionarie a Phillips de Pury è andata un poco peggio. Lo scorso 12 novembre la celebre casa d’aste ha presentato una piccola selezione di arte contemporanea curata da Simon de Pury in persona. Purtroppo l’intero lotto di opere che aveva una stima totale tra i 6 milioni di dollari e gli 8 milioni di dollari ha totalizzato un modesto ( si fa per dire ) bottino di 7 milioni. L’opera Ice Bucket di Jeff Koons del 1986 è andata ampiamente sotto la sua stima, totalizzando 230.000 dollari. Un poco meglio ha fatto l’opera Untitled del 2006 di Guyton/Walker che è riuscita a raggiungere 74.500 dollari contro i 30.000 di stima massima.

All’asta era presente anche Polaroid Wall, installazione dello street artist Dash Snow, prematuramente scomparso poco tempo fa. L’opera consta di 20 fotografie c-print che documentano momenti di sesso, droga e violenza, temi ricorrenti nella produzione dell’artista. Le fotografie sono in realtà degli ingrandimenti di alcune delle migliaia di Polaroid che Dash Snow ha scattato in maniera quasi compulsiva per tutta la durata della sua breve vita. L’opera è riuscita a raggiungere i 40.000 dollari raggiungendo in pieno la stima di partenza, si trattava inoltre della prima vendita all’asta dopo la morte dell’artista.

Crisi: Simon de Pury canta e Rebecca Smith chiude

Simon de Pury e Rebecca Smith, due storie dissimili legate dall’arte con due differenti destini. Due aspetti della crisi economica internazionale che raggiunge il mondo dell’arte con finali differenti ed inaspettati. Da un lato le case d’asta che dopo un breve periodo di indecisione sono ripartite alla grande, livellando un poco le quotazioni pur sempre alte e macinando dollari e sterline.Dall’altro capo del filo le gallerie, in special modo quelle votate alla sperimentazione, che hanno accusato il colpo ritirandosi dal mercato e chiudendo definitivamente i battenti.

Simon De Pury, leader incontrastato della casa d’aste Phillips de Pury ha sedi sparse in tutto il mondo e lo scorso ottobre ha totalizzato un bacino di vendite di 60 milioni di sterline, bottino di tutto rispetto aiutato dalla vendita dell’opera Year of the Boar, di Jean Michel Basquiat che ha totalizzato la bellezza di 1.105.250 sterline.

Sull’onda di questi successi Simon de Pury non ha certo esitato a manifestare la sua gioia utilizzando i suoi soldi per uno scopo assai buffo, ma si sa che le persone ricche fanno cose strane con i loro soldi. Pury ha infatti prodotto un video musicale sulle note di If I Had a Hammer, nota in Italia come Datemi un Martello e cantata da Rita Pavone.

Tutti in fila per il reality show dell’arte contemporanea

Negli ultimi anni i provini per accedere ad un qualunque reality show sono diventati più frequenti dei vernissage di arte contemporanea e oramai tutti si sono abituati alla familiare scenetta di serpentoni di aspiranti star in fila con il curriculum in mano.

Forse sono in molti (o in troppi) a sperare nei 15 minuti di fama predetti da Andy Warhol o forse qualcuno vede nel reality show un possibile trampolino di lancio per una futura carriera televisiva. Sta di fatto che nessun provino è paragonabile a quello che è cominciato lo scorso sabato a New York dove il 37enne digital arist Jeff Lipsky si è accampato per la notte assieme ad altri migliaia di artisti. La ressa di gente si è piazzata proprio di fronte alla White Columns gallery sede del provino per un nuovo reality show creato per il canale Bravo e prodotto niente di meno che da Sarah Jessica Parker acclamata eroina della fiction Sex And The City.

Dash Snow, iniziano le speculazioni?

Il primo test per il mercato postumo delle opere del compianto street artist Dash Snow è stato messo in stand by. Secondo quanto dichiarato da Simon de Pury direttore della casa d’aste Phillips de Pury, poco prima della sua morte Dash Snow avrebbe donato un’opera al Watermill Center di Robert Wilson che avrebbe dovuto metterla all’asta per beneficenza il prossimo 25 luglio.

Le aste di beneficenza organizzate dalla Watermill foundation rappresentano dei veri e propri eventi dove si riuniscono i più grandi collezionisti di tutto il mondo. Ma gli organizzatori dell’asta hanno dichiarato che l’opera di Dash Snow sarebbe stata ritirata dall’importante asta e che tale decisione sarebbe stata presa da Robert Wilson per rispettare il dolore della famiglia dell’artista. Wilson è stato per diverso tempo collezionista delle opere di Snow e un amico di famiglia. La morte di Dash Snow in seguito ad un overdose di eroina ha dato il via ad una serie di speculazioni ed il mercato dei suoi collages, fotografie ed altri lavori sta subendo un’impennata verso l’alto. 

La crisi e l’arte

L’Art Trading Fund, fondo per l’arte lanciato a Londra nel 2008 con l’obiettivo di racimolare 50 milioni di dollari da investire nell’arte contemporanea, ha recentemente annunciato tramite la voce del co-fondatore Chris Carlson di essere costretto a rinviare l’attività a causa delle difficoltà incontrate nel raggiungere la cifra concordata.

Il fondo che annovera tra i suoi consulenti anche Charles Saatchi sarebbe riuscito a stringere accordi verbali per 35 milioni di dollari ma di fatto nelle casse sino ad ora ci sono solo (si fa per dire) 15 milioni di dollari. Nel frattempo la Meridian Art Partners di New York, società che gestisce un altro fondo per l’arte, ha recentemente dichiarato di aver notevoli difficoltà nel raggiungere la cifra di 100 milioni di dollari da investire nel mercato dell’arte. Stessa sorte per la Dean Art Investments che ha rinunciato al suo progetto di racimolare 50 milioni di dollari da reinvestire in opere d’arte.