Torna a Torino, ovvero l’epopea di Adel Abdessemed

di Redazione Commenta

Adel Abdessemed nel suo studio di Parigi

Da pochi giorni è stata finalmente riaperta al pubblico alla fondazione Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino la mostra Le ali di Dio dell’artista franco-algerino Adel Abdessemed, classe 1971. La mostra che doveva aprirsi a febbraio è stata per molti giorni al centro di numerose polemiche che erano culminate con la sospensione a data da definirsi dell’intero evento. Pietra dello scandalo il video Trust me che l’artista ha girato nel 2007, all’interno del video immagini certamente forti che ritraggono mucche, maiali, cavalli, cerbiatti e capre soppressi da uno scioccante e secco colpo di martello. L’artista non è nuovo a tali scottanti tematiche visto che nei suoi precedenti lavori ha compiuto ricerche sulla violenza e sul terrorismo.

Francesco Bonami, curatore della mostra già famoso critico ed esperto d’arte, difende il progetto presentato asserendo che ciò che Abdessemed descrive è  «La nuda brutalità del morire, senza alcun sottinteso romantico», ed ancora aggiunge:

“Abdessemed si muove autonomamente dentro le convenzioni del sistema sociale. Portare un leone in giro per strada non credo sia illegale. Confondiamo la parola illegalità con la parola paura. Abdessemed lavora con la paura collettiva o forse contro di essa”.

Evidentemente le associazioni animaliste congiuntamente con l’assessorato all’ambiente del comune di Torino non sono state dello stesso avviso di Bonami visto che hanno sporto denuncia per crudeltà verso gli animali.

Va detto in difesa della mostra e quindi dell’artista e di Bonami che i giudici dopo accurate indagini non hanno riscontrato nessun elemento passibile di reato.

Certo non facile da digerire il lavoro dell’artista algerino, il video presente in mostra Usine, ad esempio, propone due minuti di efferatezza ben difficile da sopportare visto che propone immagini di animali costretti in un piccolo spazio che finiscono per scontrarsi bruscamente e sanguinariamente fra loro.

Non è certo la prima volta che una mostra scatena le ire degli ambientalisti, basti pensare agli animali sezionati delle teche di Damien Hirst.

L’arte giustifica il mezzo o forse sarebbe meglio tenere fuori certe dimostrazioni di violenza?  a voi come sempre la risposta.

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