Nel cuore del Rione Monti, che si sta sempre più configurando come nuova rive gauches capitolina, si inaugura un nuovo spazio espositivo: ag arte contemporanea, in Via Panisperna 222/a, che porta una novità a Roma anche perché è aperta sino a sera, proponendosi come luogo di riferimento culturale fino alle 22, quando in città i Musei e le Gallerie sono solitamente chiusi.
Diretta da Graziano Menolascina, la galleria apre con la mostra di un protagonista dell’arte contemporanea, sciamano della poetica e dell’etica della riconciliazione tra uomo e natura, della non violenza e della pacificazione: Joseph Beuys. Saranno esposte una serie di opere – un video, manifesti, alcune foto, un’installazione – provenienti dalla collezione di Lucio Amelio (Napoli 1931-1994), il gallerista e promotore culturale che dal 1965 aveva fatto della città partenopea un centro importante dell’arte contemporanea internazionale.Joseph Beuys (Krefeld, 12 maggio 1921 – Düsseldorf, 23 gennaio 1986) aveva stretto amicizia con Amelio nel lontano 1971 ad Heidelberg durante un convegno sul mercato dell’arte e, lui che non amava troppo allontanarsi dalla sua Germania, accetta di recarsi in Italia, in parte ad essa grato dei suoi giorni felici trascorsi in Puglia quando era aviere della Luftwaffe. Raggiunge quindi Amelio a Napoli e a Capri legandosi al gallerista al quale si deve la metodica presentazione e divulgazione del lavoro dell’artista tedesco. Il Ciclo sull’opera di Joseph Beuys consistette nella sua prima mostra in Italia, La rivoluzione siamo Noi, del 1971, seguita qualche mese dopo da Arena – Dove sarei arrivato se fossi stato intelligente, Tracce in Italia (1974) e da altre importanti iniziative tra le quali la mostra-incontro di Andy Warhol con Beuys (1 aprile 1980).
Punto nodale della mostra romana, curata dallo stesso Graziano Menolascina, è il celebre, bellissimo “Vestito terremoto” del 17 aprile 1981, data precisa nella quale Beuys realizzò “Terremoto in Palazzo” da Lucio Amelio. La sera del 23 novembre 1980 una terribile scossa tellurica fra il nono e il decimo grado della scala Mercalli devastò Napoli, l’area dell’Iripinia e della Basilicata. L’evento drammatico portò il gallerista napoletano a concepire il progetto Terrae Motus: a tre mesi di distanza dall’immane calamità, nel febbraio del 1981 fu proprio Joseph Beuys – seguito dall’amico Andy Warhol – con una mostra e una serie di performance ormai storiche raggruppate sotto la titolazione, appunto, “Terremoto in Palazzo”, a definire concettualisticamente una rassegna d’arte contemporanea sul tema del sisma e alla quale parteciparono molti protagonisti dell’arte contemporanea e che si sarebbe trasformata in collezione permanente, identità basilare della futura Fondazione Lucio Amelio e parte della storia dell’arte non solo italiana. La collezione fu esposta nella sua interezza una sola volta, nel 1987, al Grand Palais di Parigi.
L’intervento di Beuys, complesso, ha in “Vestito terremoto” una sua particella sostanziale ed emblematica del senso specifico della mostra per la quale fu pensato e realizzato ma anche della poetica dell’artista. L’abito è vestito in assenza di corpo che lo indossa e lo vive, simbolo accusatorio e allo stesso tempo della rinascita: un segno forte di speranza attraverso la cultura e il potere salvifico dell’arte in cui Beuys, come Amelio, credeva.