Donald Rodney, quando l’arte è una malattia

di Redazione Commenta

Donald Rodney (1961-1998) è stato uno dei più acclamati e seminali artisti britannici degli anni ‘ 80. La sua figura versatile ed innovativa si è formata all’interno del BLK Art Group ed in seguito si è guadagnata un proprio posto all’interno della scena dell’arte contemporanea internazionale. Completati gli studi artistici Rodney decise di incentrare le sue opere verso tematiche politiche, orientando l’attenzione sui mass media, sull’arte in relazione alla cultura popolare e sul razzismo e l’identità razziale.

In tenera età Rodney si ammalò di una rara forma di anemia degenerativa, meglio nota come anemia drepanocitica e sapeva che non sarebbe arrivato a toccare i cinquanta anni d’età. L’infermità non ridusse però il suo potenziale creativo ed anzi l’artista iniziò a utilizzare proprio gli strumenti medici dismessi dagli ospedali inglesi, implementandoli all’interno delle sue opere. Fu così che cominciarono a comparire opere costituite da apparati medici a raggi x, comunemente usati per le lastre. Rodney si impossessò della malattia per rappresentare metaforicamente l’apartheid e la discriminazione razziale all’interno della società moderna. Sfortunatamente il combattivo artista si arrese definitivamente il 4 marzo 1998. In questi giorni un’opera di Rodney partecipa all’avvincente mostra Surreal House alla Barbican Gallery, che annovera fra l’altro grandi nomi del contemporaneo come Maurizio Cattelan, Rebecca Horn, Louise Bourgeois, Francis Bacon, André Breton e Francesca Woodman. L’opera di Rodney merita senz’altro una dovuta spiegazione.

Si tratta di una scultura intitolata My Mother. My Father. My Sister. My Brother ed è una piccola casetta interamente costruita con la pelle dell’artista, rimossa durante le numerose operazioni subite. Una casa di carne quindi che riesce a trasmettere la densa atmosfera familiare ed a ricollegarsi così ad una sorta di memoria etnica. La malattia di Rodney è infatti molto diffusa nei paesi africani e caraibici, proprio dove vivevano i suoi antenati. Insomma mai nessuno come Donald Rodney è riuscito a tramutare una malattia in arte.

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