Bice Curiger poco coraggiosa? Tutta colpa dell’Industrialminimalism

di Redazione 2

klara liden

Il Padiglione Minestrone Italia di Vittorio Sgarbi è stato accusato da più parti di aver sciorinato una sequela di artisti fuori da ogni sistema canonico. Tra pittori della domenica e qualche povero “buon nome” capitato per sbaglio negli inferi di un allestimento surreale, il Vittorione Nazionale è riuscito a collezionare una sfilza di critiche negative che hanno praticamente affossato definitivamente la nostra arte contemporanea, già reduce da un’edizione 2009 curata da Luca Beatrice e Beatrice Buscaroli non proprio all’altezza delle aspettative.

Dall’altra parte della barricata si stagliano le ILLUMInazioni di Bice Curiger, alcuni critici e riviste di settore hanno definito la mostra della svizzera come una serie di scelte di sistema, troppo simili alle precedenti selezioni dei predecessori Maria Corral e Rosa Martinez (2005), Robert Storr (2007) e Daniel Birnbaum (2009). L’urgenza di rispettare una certa metodologia a volte può costringere all’errore ma è lapalissiano che tra gli orrori di Sgarbi e le misurate emozioni della Curiger esistono dei divari incolmabili che è inutile elencare in questa sede.

Nora Schultz

Le critiche alla Curiger in particolare mi sono sembrate un poco ridicole, considerando che la curatrice ha chiamato il meglio del panorama internazionale. Forse gran parte delle responsabilità dovrebbero ricadere anche su quei giovani creativi che da fin troppo tempo hanno scelto di focalizzare la loro attenzione su ricerche impersonali, cedendo alle lusinghe di un Industrialminimalism che abbiamo più volte citato fra le nostre pagine.

Helen Marten

Raccogliere oggetti dissimili ed ammassarli su di un tavolo, gettare lamiere, vetro, legno e cemento sul suolo o appendere pezzi di stoffa al muro sono meccanismi che in passato hanno rappresentato una chiara svolta per quanto riguarda l’indagine sullo spazio e sui materiali. Oggi però queste azioni appaiono vuote e prive di ogni senso.

Julien Bismuth

Ecco quindi che i cestini dell’immondizia portati da Klara Liden alla Biennale finiscono per rimaner tali, schiavi di una legge del contrappasso duchampiana che questa volta non li trasformerà in opere d’arte.

Carol Bove

I visitatori gettano immondizie nelle opere di Klara Liden, il critico acuto dirà: “era quello l’intento dell’artista”, noi invece vorremmo offrirvi alcune immagini di altri giovani artisti che in questo momento sono ospitati dalle più prestigiose gallerie del mondo. Se le loro ricerche vi appariranno indistinguibili, allora forse comincerete a capire le difficoltà incontrate da Bice Curiger.

Aleana Egan

Commenti (2)

  1. forse, se avesse allargato la ricerca alle gallerie che non trattano solo industrialminimalism non avrebbe avuto queste difficoltà…

  2. Chiedersi come mai di certe scelte è sacrosanto!
    Purtroppo il sistema è in panne, la società occidentale pure e tutti questi giovani artisti vengono scelti perché in fondo sono dei bravi ragazzi, con un buon curriculum alle spalle e che soprattutto mai si sognerebbero di contestare lo status quo. Dovrebbero sapere che fuori dal loro piccolo ego c’è un mondo che chiede maggiore democrazia e maggiore partecipazione. Il mondo arabo è in fiamme, esiste (mai morto!) un antisemitismo strisciante, gran parte della popolazione mondiale (che paga involontariamente i grandi costi della crisi finanziaria) è prigioniera di società repressive.
    L’arte è solo un discorso per addetti ai lavori? O non è forse una possibilità di dialogo, anche politico, tra tutte le società? Non è uno strumento di conoscenza e di ricerca incessante di nuovi linguaggi e nuovi immaginari?
    Le baracconate biennalesche dovrebbero veramente finire. E con loro tanti onesti impiegatini dell’arte accademica.

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